Zenobia: la città felice
Ora vi parlerò di Zenobia. Così inizia il racconto di una delle Città invisibili che Marco Polo tesse dinanzi al Kublai Khan. Così è iniziato un progetto portato avanti da un gruppo di studentesse del Corso di Teoria dell’Architettura della Facoltà di Disegno Industriale di Bari. Le studentesse si sono cimentate con un testo, trasformandolo in progetto. Agendo quasi all’opposto di quello che ha fatto Calvino dove prima ha immaginato la città e poi l’ha descritta, queste studentesse hanno dato vita ad un’opera d’arte portando la città invisibile di Zenobia ad una visibilità che lascia spazio all’interpretazione. Zenobia, infatti, è la città delle palafitte, la città che pur non avendo bisogno di essere sollevata da terra, tuttavia pensa che la migliore delle costruzioni sia in questo equilibrio delicato di pali conficcati a terra che rialzano la città. Infatti, la caratteristica peculiare di Zenobia è proprio quella di levarsi in alto, di affacciarsi sul cielo, di trovare la propria ragion d’essere nell’altezza più che nella larghezza. Tuttavia, come ci fa vedere il modello della città di Zenobia, la casa, come la città, non soffrono la pesantezza dei grattacieli. L’elevazione in alto dei palazzi non significa che Zenobia è una città piena di grattacieli, in quanto un grattacielo è un’abitazione imponente, che tende ad occupare lo spazio dell’altezza, per non occupare lo spazio della larghezza. In altre parole, un grattacielo è funzionale per il recupero di suolo, per evitare lo spreco abitativo, per non destinare tutto il territorio di cui si è a disposizione per costruire. Zenobia, invece, è costruita su palafitte, elementi gracili, slanciati, esili che, ben sistemati, riescono a sorreggere il peso di intere unità abitative. La particolarità di Zenobia, dunque, non è quella di elevarsi verso il cielo, ma del come elevarsi, dell’arte di andare verso il cielo non aggiungendo materiale su materiale ma seguendo una precisa arte, una precisa tecnica che porta all’equilibrio. Ed è questo il motivo per cui il modellino che vediamo più che sembrare un grattacielo ha il sentore di un esercizio spirituale, dove per elevarsi non bisogna aggiungere materiale ma togliere, spogliarsi, essenzializzarsi. Ed è questo che provoca la felicità nei cittadini di Zenobia. Una felicità per cui costruire una città e costruire se stessi coincidono nello stesso medesimo esercizio spirituale. Esercizi ascetico, di elevazione di sé, di continua ricerca del proprio equilibrio, riflessione su ciò che ci muove e ciò che ci abita, questa è la vita spirituale. Una vita non solo interiore o intimista, come se tutto quello che accada fuori di noi non ci riguardi, ma una vita integrale dove l’interiorità si espande verso l’esterno, fino a contagiare tutto l’ambiente, tutta la città. Una vita spirituale che non reprime se stessi, ma lotta e danza, si muove su palafitte sottili, in un equilibrio sempre instabile. L’unica felicità possibile.
…e lasciarsi vivere in una semplicità talmente alta da non poter mai perdere equilibrio…perché se la natura stessa è equilibrio noi ne saremmo sempre una parte…di essa…