Tempo sospeso come tempo dialogico
Nel precedente articolo abbiamo affermato che la gentrificazione dei centri storici crea un tempo sospeso fra un passato da preservare e un tempo di svago e di turismo. Processi di gentrificazione che rendono il centro storico un luogo in cui poter albergare. E parliamo di albergare, non di abitare, oltre che per la grande mole di B&B e di hotel che prendono forma e strutturano il centro storico, per la percezione stessa della città. Un luogo albergabile significa un luogo dove io sono cittadino temporaneo, in cui la città è tale nella misura in cui posso esplorarla, da forestiero. Fino a quando rimango forestiero, turista, usufruisco di ciò che la città mi offre in quanto tale, in termini di servizi temporanei e rapidi. Ad un turista, insomma, importa poter fotografare una scalinata con una citazione sopra, trovare quello scorcio che non vedrà più, piuttosto che sapere chi vincerà le prossime amministrative o chi sono i candidati sindaco della città. Ad un turista interessa esplorare la città, le sue forme, da forestiero senza sentirsi straniero. In questa sospensione vengono riqualificati i centri storici, in modo da essere fruibili da cittadini temporanei che da una parte sentono il bisogno di esplorare una città che non conoscono e dall’altra di sentirsi comunque a proprio agio nella città, forestieri ma non stranieri. Una sospensione del tempo, dunque, che permette di creare un sistema di servizi, di ristorazione, di movida nei centri storici. Un tempo sospeso che non significa affatto un tempo perso o un tempo inutile, ma un tempo che può rendere, un tempo che più si dilunga più garantisce il commercio e il mercato di prodotti turistici. In questo mercato rientra anche la trasgressione, intesa come sospensione della liceità di alcuni prodotti e sostanze. Tipico di questa sospensione produttiva è lo spaccio di droga, sempre più crescente nei luoghi della movida. È il tempo sospeso, dunque, che tiene insieme la gentrificazione del centro, i luoghi della movida, il mercato del turismo, l’utilizzo di alcolici e droghe, come anche il controllo della sospensione, ovvero il governo legittimo o meno, lecito o meno, del territorio. Quindi lo spaccio, il racket, l’usura, la criminalità organizzata sul territorio non nasce a caso o per caso ma lì dove c’è un bisogno trasformato in domanda economica, a cui si risponde con una offerta. La trasgressione nel tempo sospeso, dunque, non è uscire dal sistema ma far parte del sistema stesso che produce sospensioni in cui poter provare lo stordimento. Dinanzi a questa fitta rete di cause e conseguenze, occorre ripensare la riqualificazione dei centri storici, offrendo la possibilità di interpretare il tempo sospeso come un tempo di significati differenti, come un tempo significativo. Un tempo sospeso che oltre ad essere tempo produttivo possa essere tempo di dialogo fra le culture locali e le culture forestiere. Un tempo sospeso capace di rigenerare la cultura di un territorio attraverso il dialogo con gli altri territori e le altre culture. Valorizzando il tempo sospeso come tempo dialogico.
Mi limito alla questione di semiologica urbanistica, di forme e linguaggi architettonici, tralasciando, a chi e’ piu” competente di me, questioni di natura sociologica, antropologica ed economica.
La cultura architettonica contemporanea non ha ancora elaborato una convincente e condivisa teoria di intervento “moderno” nei centri storici.
Gli architetti intervenuti con modernita’ nei centri storici si sono caratterizzati finora secondo tre modi distinti , deducibili da interventi effettuati piu’ che sistematizzati in teorie proposte.
1) L’emulazione del preesistente. 2) Il mutismo implosivo 3) Il netto contrasto.
Emulazione del preesistente: ricostruire il nuovo con forme e stili del passato.
Mutismo implosivo: costruire il nuovo strutturandolo architettonicamente verso il proprio interno, rapportandosi con l’esterno (vie e piazze storiche) con pareti murarie piane e cieche , tagliate da poche e minimali aperture , alla maniera degli antichi complessi conventuali o delle case pompeiane..
Il netto contrasto: costruire il nuovo , secondo i modi del nuovo ( nell’ uso di materiali, colori e forme), segnando evidentemente e radicalmente la propria diversita’ culturale dal contesto storico in cui l’edificio si pone.
Sono queste tre, a mio modo vedere, posizioni insoddisfacenti, necessitanti di evoluzione ed elaborazione perche’ non generano quei processi dialogici che tu auspichi, quel saper essere “nani sulle spalle dei giganti”, secondo la tesi di Bernardo di Chartes, con cui il medioevo risolse il tema della continuita’ col modo antico.
Le prime due posizioni, emulazione e mutismo, sono pavide. Rifiutano di dialogare e, se lo fanno, lo fanno con linguaggi sorpassati , incoerenti, non coevi e quindi falsi.
La terza posizione, il netto contrasto, per presunta superiorita’ rifiuta ideologicamente di dialogare col Passato la continuita’. A questa posizione non si puo’ certo contestare l’incoerenza perche’ ogni epoca ha i suoi linguaggi come ci ha insegnato Klimt. Quello che io contesto a questa posizione molto diffusa tra i miei colleghi, e’ l’irrisolto errore ideologico da cui e’ nata l’idea di modernita’ cioe’ quello di ritenere che la storia si evolva per cesure.
La modernita’ artistica e’ nata ideologicamente, attraverso i proclami delle avanguardie artistiche (Futurismo, Dada, Suprematismo, Surrealismo ecc.), come rifiuto del “passato” e del valore ontologico e finalistico della Tradizione contrapponendole la forza propulsiva e liberatoria del Presente e del Relativo.
In questo quadro aggiungici la complicazione della declinazione della Modernita’ in Post-modernita’ ed il superamento di quel minimo di fondamento di valore di Verita’ su cui la Modernita’ ha fondato il suo diritto culturale ad affermarsi.
Se la realta’ urbana e’ “Complessita’ e Contraddizione”, come teorizza Robert Venturi, sono questi i valori su cui fondare un inizio di dialogo fra antico e contemporaneo, nei centri storici?
Io ci starei pure, se non fosse che i centri storici costituiscono la parte piu’ preziosa ed identificante delle citta’, edificati in armonie autogeneratesi in secoli di storia. Prima di consegnarli nelle mani di un dialogo col Presente storico, ci vogliamo assicurare che il Presente storico si riconosca storico? Cioe’ vogliamo esser certi che il Presente abbia acquisito la consapevolezza che il suo modesto e limitato compito, come tutti i Presenti che ci son stati, ci sono e ci saranno, sia trasferire la eredita’ storica ricevuta nel Futuro senza disperderla?
.Io credo, e l’ho sempre creduto, che la via dialogica che va perseguita , oggi, nelle nostre citta’ e’ il ritrovare proustiano del Tempo e riconoscerne il suo valore esistenziale. Questo ritrovare il tempo e’ il modo per rimettere il”tempo sospeso”, di cui tu parli, perche’ il Presente entri con mitezza nella Storia di ogni luogo integrandola senza temerla, trasformandola senza stravolgerla, senza rinnegamenti ne’ pavidita’ ne’ immobilismo ma con conoscenza , modo, limite, necessita’, amore, sensibilita’ ed anima.
correggi: rimetter in moto il “tempo sospeso” di cui tu parli