Sacralità nella famiglia
Gn 15,1-6; 21,1-3; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40
In questi giorni abbiamo sentito molto parlare di presepi, della legittimità di un presepe, dell’impossibilità di vitarlo nelle scuole, degli ottocento anni dal primo presepe di Francesco a Greccio, dal presepe con due mamme in una parrocchia del napoletano. Il presepe ha ancora una valenza e una dimensione politica. Non solo perché è usato come bandiera da una parte o reinterpretazione dall’altra, ma perché contiene ancora in sé un residuo di scandalo e di contraddizione, come ci ricorda Simeone oggi, attraverso Maria. Gesù è segno di contraddizione, irriducibile ad ogni ideologia come irriducibile ad ogni nostra precomprensione di Dio, della società, della famiglia stessa. In questa festa della Sacra Famiglia, nonostante tutte le manomissioni che possiamo immaginare, stiamo pian piano imparando una questione fondamentale: che non c’è una sacralità della famiglia ma c’è una sacralità nella famiglia. Il rischio in cui spesso incorriamo e incorrono le futili polemiche sul presepe è quello di una sacralizzazione di un tipo di famiglia e di certi rapporti parentali, come se fossero eterni ed immutabili. Così, mentre la realtà sociale e politica ci sta mettendo dinanzi a nuove tipologie di famiglie, la riflessione inizia a farsi seria e non può essere ridotta ad un personaggio in più nel presepe. Si tratta di riconoscere la sacralità nella famiglia, ovvero che in questa parola, famiglia, c’è una realtà sacra, irriducibile a qualsiasi discussione o a qualsiasi forma. C’è una sacralità nella famiglia che riguarda la vita di fede, che riguarda il nostro vissuto interiore, la dimensione più profonda di noi stessi. Perché famiglia significa rifugio, significa generazione, significa relazionalità, significa educazione alla prossimità. Nella famiglia è insita la promessa di chi siamo. Una promessa che allarga il nostro orizzonte, come ha allargato l’orizzonte di Abramo. Quell’orizzonte che era schiacciato sull’eredità da consegnare ad uno straniero alla vecchiaia, diviene promessa di una discendenza numerosa, di una discendenza che travalica anche i confini, le posture, le forme che già conosciamo. Una promessa che allarga la famiglia, che diviene generativa di tante persone che, ad oggi, non conosciamo ancora. Persone che segnano la figliolanza, non come chi esegue i miei precetti, ma come colui che apre un nuovo orizzonte, che allarga quella sacralità irriducibile e la porta con sé. Per questo, l’autore della Lettera agli Ebrei può dire che Abramo offrì suo figlio Isacco e lo ricevette indietro anche come simbolo, ovvero come nuova consapevolezza, nuovo cammino di fede che non riceve solo in eredità un luogo ma offre una nuova esperienza di Dio. Anche in età avanzata, anche quando tutto sembra determinato, anche quando ormai sembra che tutto sia corredato e già ben disposto, impariamo ad essere famiglia dal profondo mistero di Dio che apre all’imprevisto di un nuovo orizzonte. Ed è per questo stesso motivo che la famiglia di Nazaret non è una famiglia tranquilla, non è una famiglia che ci lascia tranquilli, ma è una famiglia che impara ad essere famiglia e, imparando a diventare famiglia, riconoscere il mistero di Dio nella propria vita. La famiglia è una dimensione di cammino, non solo una forma o una tipologia in cui racchiudere le vite. La famiglia è cammino, è promessa di chi siamo, è profezia che lascia intravedere nelle nostre vite chi saremo. Questo ci svelano oggi Simeone e Anna, i due profeti che, in mezzo a tutti i primogeniti sacri al Signore, riconoscono il Figlio di Dio, il compimento della promessa per Israele. Un compimento che va ben oltre una canonizzazione di un tipo di famiglia, ma che ci permette di intravedere il mistero che siamo, la sacralità che già da ora siamo e che sono gli altri per noi. Ed ecco, allora, perché la famiglia di Nazaret per il solo fatto di essere così come è non è addomesticabile dentro una qualche ideologia di Destra o di Sinistra, se esistono ancora queste differenze. È una famiglia che ci fa riscoprire la sacralità nella famiglia stessa, la promessa di chi siamo, che ci educa nella prossimità ad intravedere ciò che è irriducibile e il significato che l’altro ha per me. Ci spinge ad allargare le famiglie, ad espandere l’orizzonte non solo in termini di inclusività, ma di fratellanza e sorellanza, di paternità e maternità, di famiglia umana, animale e di tutto il creato. In questo consiste la sacralità nella famiglia, nel mistero di un Dio che si è fatto a noi familiare.
Matteo anzi don Matteo hai chiarito in modo inequivocabile il significato della parola famiglia , abbiamo bisogno tutti di un luogo di accoglienza e di amore dove non sentirci mai soli .
Matteo anzi don Matteo hai chiarito in modo inequivocabile il significato della parola famiglia , abbiamo bisogno tutti di un luogo di accoglienza e di amore dove non sentirci mai soli .come al solito sei come dire avanti