Pratiche di fede
Nm 11,25-29; Sal 18; Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48
Nei giorni scorsi è stata pubblicata una Nota del Dicastero per la Dottrina della fede circa le apparizioni della Madonna a Medjugorje. Una nota che apre e autorizza al culto pubblico di Maria come Regina della Pace e che, al tempo stesso, offre una esatta ermeneutica del messaggio mariano e dell’esperienza della parrocchia bosniaca. Il contesto in cui sono avvenute le apparizioni è stato quello della guerra in cui la religione ha avuto un forte mordente, in quanto guerra fra cristiani e musulmani in quelli che erano i resti della Jugoslavia. Un contesto di guerra, in cui Maria ha offerto, in maniera sintetica, il suo messaggio di pace non solo come assenza di guerre ma anche come percorsi di conversione e riconciliazione. La Nota sottolinea anche che questo è il vero centro del messaggio di Medjugorje e che c’è stato molto e molto altro che viene ancora oggi strumentalizzato in termini di odio etnico, culturale e religioso. Ma, oltre queste evidenti derive, il messaggio originario di Medjugorje è invocare Maria come Regina della Pace, anche se, come ricorda la Nota stessa, non tutti sono obbligati a credere alle apparizioni mariane in quel luogo. Una vicenda, dunque, che sembra riecheggiare nella Parola di Dio di questa domenica. Infatti, il Libro dei Numeri ci pone dinanzi ad un evento particolare avvenuto nell’accampamento degli Israeliti. Eldad e Medad, due uomini anziani che non erano usciti incontro al Signore eppure erano stati scritti fra i profeti temporanei, ricevono anch’essi lo Spirito e iniziano a profetare nell’accampamento. Subito Giosuè vuole mettere a tacere i due uomini in quanto non erano con gli altri quando è arrivato lo Spirito. E Mosè rincara la dose affermando: “Fossero tutti profeti in Israele!”. Una attestazione non solo di concordia ma anche di riconoscimento nei confronti dei due uomini che continuano a profetare per un tempo e che non dicono nulla al di fuori o di differente degli altri. La profezia, infatti, ha origine nello stesso Spirito che Mosè aveva ricevuto da Dio e che Dio stesso prende per darlo ad altri. La caratteristica dello Spirito è esattamente quella di soffiare e di posarsi anche su persone che non riecheggiano i nostri gusti, la nostra cultura, le nostre comprensioni o precomprensioni di Dio. Si tratta di uno Spirito che soffia e si posa anche su persone diverse da noi, anche sull’altro che non ci piace e che ci sembra essere semplicemente un estraneo. Lo Spirito si posa anche su di loro, anche su coloro che non sono della nostra cerchia e della nostra cricca. Occorre solo avere quella capacità di riconoscerlo oltre le nostre comprensioni di Dio, oltre quello che abbiamo capito. E il discrimine per riconoscere lo Spirito lo offre Gesù stesso quando afferma che chi scaccia i demoni nel suo nome non può parlare contro di lui. Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Ed è qui che Gesù inizia a parlare, stranamente, degli scandali. Perché parlare di scandali subito dopo aver annunciato che chi non è contro di noi è per noi. Perché l’essere contro il Signore, contro la Parola, contro il Cristo significa seminare scandali, per cui è meglio strapparsi una mano, cavarsi un occhio, piuttosto che essere contaminato tutto dallo scandalo. Dove lo scandalo è il creare divisione, magistralmente rappresentato dal ricco di Giacomo. Dove i ricchi sono coloro che hanno seminato scandali non perché abbiano accumulato ricchezze grazie al proprio lavoro, ma perché le loro ricchezze sono frutto di iniquità. Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente. Sono ricchezze acquisite attraverso lo scandalo, attraverso l’ingiustizia. Così, mentre noi continuiamo a riferire gli scandali solo ad una dimensione sessuale, ecco che gli scandali che sottolinea Giacomo sono frutto di ingiustizia e di iniquità. È qui che avvengono i peggiori scandali, qui che si riconosce se una esperienza spirituale, come ad esempio Medjugorje, sia autentica o meno. Dal momento che la Nota ha riconosciuto dei frutti spirituali e sociali, incentrati sulla pace, questo è ciò che davvero conta, neanche i veggenti o le loro qualità morali, più che tutti i politicanti che sventolano rosari per attaccare o sequestrare dei migranti su una nave in nome di una cultura cristiana. I frutti spirituali legati alla conversione e alla riconciliazione, per quanto possiamo anche non credere alle apparizioni e rimanere comunque cristiani, sono il segno di una dimensione autentica di fede, sono come quell’uomo che scacciava demoni nel nome di Gesù anche se non seguiva i discepoli. L’importante non è appartenere ad una cerchia, ad una lobby, ad un movimento, ad una organizzazione, ma partecipare con la pratica a portare frutti di bellezza, di bontà, di vita autentica, di conversione, facendosi, pian piano, rendere saggi dal Signore.