Placemakers
Don Antonio Loffredo è stato parroco al rione Sanità di Napoli, fino a qualche tempo fa, ora trasferito. Si tratta di un parroco come tanti altri che lavorano e, soprattutto, vivono nei quartieri delle nostre città. Eppure, don Antonio Loffredo ha pensato e progettato qualcosa di differente. Nella sua parrocchia del rione Sanità ha creato un percorso turistico ed evangelico rigenerando le catacombe presenti nella sua parrocchia. Utilizziamo il termine rigenerazione, perché non ha semplicemente messo in sicurezza o ristrutturato o riqualificato i piani che erano sotto la parrocchia, ma con i ragazzi e le ragazze della sua comunità parrocchiale ha messo su una cooperativa per creare un lavoro per i giovani della comunità. Tanti ragazzi e ragazze che vivevano bazzicando la parrocchia o prestando servizio nella comunità, hanno trovato in essa un modo per mettere a frutto i propri talenti, capacità e competenze per creare occupazione, riqualificare un luogo della loro comunità, aiutare il quartiere a crescere, formare, educare e annunciare il Vangelo. Si tratta di una persona che Elena Granata chiamerebbe placemaker, ovvero abitante di un luogo, figure che creano e ricreano comunità attraverso i luoghi. Questa è la più bella testimonianza, a nostro parere, dell’ingresso a Gerusalemme di Gesù, che oggi stiamo celebrando. Un ingresso a Gerusalemme che vede Gesù non salire vittorioso e trionfante, ma umile, cavalcando un’asina, ripercorrendo ciò che già c’è, il passato profetico da cui deriva. Noi molto spesso pensiamo di dover fare grandi cose o di attendere un Gesù che verrà dal nulla, invece di pensare che l’ingresso nella passione, morte e resurrezione di Gesù si gioca con quello che abbiamo, vive in ciò che i nostri avi ci hanno trasmesso. E pensiamo che così sia anche la pastorale, sempre alla ricerca del sensazionale, dell’evento, del trend che deve attirare, quando non ci accorgiamo che il vero tesoro della resurrezione è vivere in maniera nuova ciò che già abbiamo. Ci basterebbe leggere e rileggere i luoghi che abitiamo alla luce del Vangelo, alla luce della passione, morte e resurrezione di Gesù. Leggere i luoghi per abitare il Vangelo e leggere il Vangelo per abitare i luoghi che già viviamo. Questo è l’approccio profetico non solo alle Scritture ma a tutta la vita e al senso della storia. Intravedere nel Servo Sofferente di cui ci ha parlato Isaia, la presenza del Cristo. La possibilità di fare delle parole del Salmo, le parole del Christus Totus, del Cristo Totale come direbbe Agostino, che è ciascuno di noi, ricordarci di spogliarci di tutte le nostre sovrastrutture e da tutto ciò che potrebbe essere un privilegio per incontrare gli altri, le persone che vivono con noi. Aiutare tutti alla promozione integrale della persona mettendo a disposizione quello che abbiamo, quello che siamo ei luoghi che abitiamo per risorgere. È bello notare che la resurrezione di un rione, come il Sanità di Napoli, non sia nato dall’intraprendenza di un parroco, ma da una visione. E la visione comune, condivisa e progettuale, nasce dalle catacombe, ovvero dei luoghi di morte che odorano di una nuova vita. Questa è la resurrezione, questa è la testimonianza della resurrezione che si gioca con quello che abbiamo, con le necessità di coloro che sono nei nostri quartieri. E di qui risorgere come placemakers, capaci di visione.