Periferie e modello criminale
Blocco 181 è l’ultima serie televisiva dei registi Giuseppe Capotondi, Matteo Bonifazio, Ciro Visco, prodotta da Sky con la colonna sonora di Salmo. Una serie Tv definita da Alessandro Scarano per Domus, iperrealista più che documentaria. Infatti, Blocco181 prende il titolo da un edificio del quartiere Giambellino di Milano ora demolito, con l’intento di raccontare una storia immersa nelle periferie milanesi. L’intenzione degli autori, infatti, non è quella di creare un documentario sulle periferie di Milano ma creare una serie noir come Gomorra o Suburra. Una serie televisiva, insomma, che racconti non la periferia reale, ma eventi di criminalità, droga, violenza che hanno come sfondo la periferia milanese o, meglio ancora, la tensione fra centro e periferia. Una narrazione iperrealista che, sempre stando alle parole di Scarano, sembra essere presa più da un fumetto che dagli eventi che avvengono davvero nelle periferie milanesi. Seguendo questa intuizione, dunque, possiamo pensare alla periferia di Blocco 181, non solo come periferia milanese, come un documentario sulle periferie di Milano, ma come lo sfondo di un nuovo immaginario che costella la cultura contemporanea. Un immaginario non solo formato da eventi di cronaca, ma di musiche, abiti, atteggiamenti, etnie e controllo dei territori. Una iperrealtà che non fa solo da sfondo alla periferia di Milano ma che diviene un nuovo modello antropologico, una nuova moda che intesse criminalità, spaccio, vita quotidiana, eroismo contro le forze dell’ordine. Criminalità che prendono forma attraverso la musica trap e che ridefiniscono il maschio come palestrato, tatuato, con capelli e barba estremamente curati, abiti firmati, preferibilmente in tuta nera, cresciuto nel degrado dei palazzi di periferia fumando marijuana e godendo del successo all’interno del quartiere-recinto. L’iperrealtà della periferia milanese, in Blocco 181, diviene un modo per raccontare, in maniera ideale, le vicende di periferia, ma proprio l’iperrealtà fatta di successo, di conquista, di dominio, di mascolinità tossica, di spaccio, diviene il nuovo senso della realtà e della costruzione della figura del criminale contemporaneo. Se da una parte, allora, la serie Tv di Sky sembra offrirci una visione filmica della periferia, dall’altra parte possiamo constatare che le periferie divengono il territorio dove sviluppare nuova iperrealtà fatte di un controllo criminale del territorio, offrendo un nuovo paradigma del criminale stesso: non più colui che ruba per mangiare, ma colui che infrange ogni tipo di regola per avere successo, per emergere dall’anonimato dei Palà. L’intento dell’iperrealtà del criminale è quello di renderlo un modello di riferimento, un eroe a cui rifarsi, una persona da imitare per il coraggio di impugnare un’arma e di fronteggiare le forze dell’ordine. Del resto non possiamo stupirci di questo se, in fin dei conti, i modelli proposti riflettono sempre e comunque il paradigma delle tre esse: sesso, sangue e soldi. Il criminale è il modello iperreale della periferia, come tanti altri modelli che il mercato offre.
Una autocritica, da architetto, va fatta.
Le periferie popolari costruite dallo Stato nel secolo scorso hanno visto protagonisti, come progettisti, il meglio, ovvero coloro che erano ritenuti il meglio, dell’ intelligenza architettonica italiana di quel tempo storico. Il risultato e’ stato dovunque un disastro sociale. Zen, Scampia, Gallaratese, Corviale ecc.
Questo smaschera una illusoria teoria che gira fra noi architetti e che anche io, fanaticamente, propagando. Teoria secondo cui l’Architettura o, diciamo meglio la qualità dell’Architettura, salverà il mondo. Nella fattispecie nelle periferie.
Bluff smascherato con un “vedo”.
L’Architettura non ha virtu’ terapeutiche dei malesseri sociali. E’ un po’ come quegli integratori alimentari che aiutano ma non curano.
Per la cura ci vogliono le politiche economiche.
Eppure se sfogliaste un libro di storia dell’architettura li troverete tutti questi fallimentari quartieri, citati come tappe di un progresso cultutal3 dell’architettura contemporanea. Progresso in realta’ consistito nell’ intrappolare la vita di tants umanità disagiata nella prigione fisica di una teoria urbanistica. Anche questo e’ criminale.