Ossidiana: schegge di forme quotidiane
Schegge di materia portate via dalla forza dell’essere umano. Energia che incide nell’oggetto, fino a liberare una forma. Questo è il processo che si cela dietro la scultura, come anche dietro a tutte quelle arti che partono da un materiale di riferimento, da un pieno che l’artista cerca di modellare. Questa è l’idea che mette in evidenza l’architetto e designer Mario Trimarchi nella sua Ossidiana, caffettiera prodotta per Alessi. Ossidiana si colloca nell’alveo del design industriale ed è entrata a far parte della famiglia delle caffettiere di design nel 2014, tanto da permettere a Trimarchi di vincere il Compasso d’Oro per l’architettura e il design nel 2015. Il nome stesso della caffettiera, Ossidiana, tuttavia, ci riporta indietro nel tempo, agli albori della stessa civiltà umana. L’Età della Pietra, infatti, si caratterizza proprio per l’utilizzo dell’ossidiana, come anche di altri materiali, per la fabbricazione di utensili quotidiani. Coltelli, oggetti affilati, punte di lance e frecce, tutto fabbricato attraverso una tecnica di svuotamento della materia, per far emergere una forma. Non come contrapposizione fra materia e forma, ma come doppia sinergia. Da una parte una sinergia della materia con la forma, dall’altra una sinergia fra il materiale utilizzato e la forza umana. Si tratta, insomma, degli albori della civiltà, quel momento esatto in cui noi umani abbiamo riconosciuto non un monopolio sul mondo, quanto una compenetrazione della nostra forza nella materialità vivente, di cui le schegge sono il fenomeno più evidente. Non, dunque, una limatura della materia, ma prima di tutto uno scheggiare la materia, facendone uscire gli angoli vivi, la vita acuminata che cela. Questo è il fascino di un primitivismo che ancora oggi ci portiamo dentro. Schegge di vita acuminata, materiali abbozzati, sinergie che si compenetrano e che ci parlano del mondo. Un mondo che non troviamo mai già pronto, ma che siamo chiamati a costruire. E pian piano, mentre costruiamo il nostro mondo, ecco che altri costruiscono il loro. E mondi differenti si intrecciano, non solo in maniera sincronica, ma anche diacronica, non solo nel mentre vengono costruiti, ma anche dopo, in seguito, quando il mondo contemporaneo si riflette in altri mondi di altre epoche passate o future. Il fascino di Ossidiana, dunque, è proprio in questo primitivismo scheggiante, in questo pieno che viene, al tempo stesso, svuotato e abbozzato, dall’essere umano, modellato sotto le nostre stesse mani. Infatti, al fascino evidente di un’antichità che si perde nella notte dei tempi, Trimarchi ha nascosto una ergonomicità della caffettiera, in grado di seguire la posizione delle mani nell’avvitamento e nello svitamento dei pezzi. La bellezza della forma, dunque, come il fascino dell’epoca primitiva fa emergere, è nella praticità quotidiana dell’oggetto, ovvero nel suo essere quotidianamente accessibile. In questo modo, nel quotidiano subentra un’epoca differente, l’abbozzo di una forma arcaica che rende la giornata non differente dalle altre, ma intrecciata nei giorni che si susseguono. È come se Ossidiana ci ricordasse che il giorno che stiamo iniziando non è identico a tutti gli altri, ma che proviene da epoche arcaiche, da storie che hanno già attraversato questa terra, costruendo mondi differenti dai nostri. E che oggi siamo noi coloro che si prendono cura di questa terra, fra schegge e forme abbozzate, che rendono gli oggetti che abbiamo sotto mano meno usa e getta, meno futili e banali.