Orientamento per punti esistenziali
Entrare in una città che non conosciamo è un po’ come scoprire se stessi, un po’ come riconoscersi. Innanzitutto, perché districarsi fra palazzi e strade che non conosciamo, significa orientarsi. Ed oggi, prevalentemente, ci sono due modi per orientarci: l’utilizzo di un navigatore GPS, oppure per esperienze. Il primo è abbastanza facile da comprendere: inserisco un punto di partenza e la destinazione, e il navigatore traccia il percorso più rapido per giungere. La tecnologia, poi, ci mette a disposizione anche navigatori in grado di dirci gli orari di arrivo e il traffico presente sulla strada. Si tratta di un modo abbastanza rapido e funzionale per muoversi in città che non conosciamo bene e le cui strade ci sembrano ancora sconosciute. Mentre, la seconda modalità sembra essere anche più interessante, seppur meno rapida e funzionale. Per prima cosa ci occorre dire che l’orientamento, in questa modalità, è dato in base a città di cui conosciamo almeno qualche spazio, qualche strada, qualche indicazione. Si tratta di città, dunque, in cui ci siamo già stati, in cui altre persone ci hanno condotto e ci hanno consigliato che strada prendere. Anche se, al momento, non le ricordiamo, quelle strade e quegli edifici entrano nella nostra testa e si depositano. E man mano che le nostre conoscenze sulla città si depositano, siamo in grado di orientarci. L’esempio può risultare banale, eppure molto significativo. Quando ho bisogno di muovermi in una città in cui sono giunto da qualche anno e in cui sono passato altre volte, mi oriento ricordandomi dove abita un amico, quale bar ho frequentato l’ultima volta, come si chiamava quella strada in cui mi sono fermato a pranzo o a cena. Si tratta, insomma, di un insieme di informazioni che provengono dalla mia esperienza della città, dalla narrazione che altri me ne hanno fatto e che ho fatto mia. Narrazioni che riguardano luoghi ovvero spazi che ho interpretato in una certa maniera e che interpreto ancora secondo il mio vissuto. Può sembrare un’operazione complessa, ma molto spesso nelle città in cui non abbiamo residenza, questo è il modo migliore per conoscerle e per ri-conoscerci all’interno della città stessa. In questa prospettiva, dunque, le strade non sono più solo strade con numeri e indirizzi, come gli edifici o i vari negozi non sono più oggetto di residenza o di commerci, ma diventano esperienze di vita. Ed in base a quelle esperienze di vita, a questi nostri vissuti, ci orientiamo all’interno della città. E più ci orientiamo, seguendo questa sorta di cardini esistenziali, più conosciamo la città e più ci ri-conosciamo in essa. Questo, in altre parole, è quello che significa abitare una città, ovvero dare significato ad un agglomerato umano e urbano in cui, oggi più che nelle epoche passate, facciamo fatica a riconoscere.