Nome-marchio e marcatori antimafia
Il terzo elemento rilevante, per quanto riguarda la relazione fra città e criminalità organizzata, seguendo la traccia lasciata dal Comune di Trinitapoli è quella dell’affidamento a di finanziamenti e immobili ad un ente colpito da interdittiva antimafia. Il caso in questione riguarda l’elargizione di finanziamenti a fondo perduto e senza obbligo di rendicontazione ad un ente privato, il quale vogliamo volutamente lasciare nel vago in quanto, in questa sede, non ci interessa capirne la natura. Infatti, ciò che ci interessa maggiormente non è l’ente in quanto ente ma l’ente in quanto interdetto, l’ente che si caratterizza per una interdittiva dell’antimafia. Ente a cui sono stati affidati dei fondi come anche un immobile in comodato d’uso gratuito, utilizzato come sede dell’ente stesso. Un comodato d’uso di un bene pubblico, con un contratto mai recesso neanche quando l’ente è stato colpito da interdittiva antimafia. Si tratta di un ente, dunque, che aveva già a suo carico delle accuse e delle indagini, in quanto aveva creato una azienda fantasma per beneficiare dei contributi della previdenza sociale. Azienda che faceva capo, come possiamo leggere nella relazione della Commissione d’indagine, a nomi evocativi del panorama criminale locale. Prima ancora di giungere al concetto di interdizione, dunque, vogliamo soffermarci su quello di evocazione. Infatti, l’evocazione ci permette di cogliere non solo il nesso fra criminalità e attività amministrative, ma l’eco che questa famiglia criminale aveva sul territorio. L’organizzazione criminale funziona per evocazione, attraverso un nome-marca che controlla e gestisce la sfera pubblica. Si tratta di un dominio del pubblico, dello spazio, non primariamente attraverso l’uso di armi, ma attraverso un nome capace di incutere paura, di guardare, di gestire, di sorvegliare e di intimidire. Un nome che contrassegna un territorio, che chiama a sé la dimensione pubblica, che la arroga a sé, che ne fa una sua proprietà, letteralmente la e-voca. Questo è l’elemento inquietante del controllo criminale di un territorio: il potere di essere un nome-marchio evocante, di lasciare dietro di sé una fama che non può essere tradita e che non può essere smascherata, pena quella dell’in-famità, dell’essere uno che non ha fama e che non segue quel nome-marchio. Evocazione, dunque, è un marcare il territorio, in modo particolare il territorio urbano, attraverso l’imposizione del proprio nome che non è un nome di persona, ma un nome clanico, un nome pervasivo, un nome che fonda e aggrega, un nome attraverso cui respingere, attaccare, eliminare. Un nome-marchio che è anche un nome-legge del territorio. Un nome che viene posto sotto scacco, viene fermato, viene segnalato, insomma, inter-detto. L’interdittiva antimafia, infatti, non è solo un documento ma il tentativo di tracciare quel nome-marchio, di segnalarlo, di renderlo visibile attraverso un metodo di contrasto, come avviene per una risonanza magnetica o una tac. L’interdizione è un tracciare l’evocazione del nome-marchio, un tentativo di comprendere quanto il cancro mafioso si sia insinuato all’interno del tessuto urbano. Così, prima ancora di un atto giudiziario, l’interdizione antimafia diviene pratica di ricerca e tracciabilità delle commistioni mafiose all’interno di un territorio. Un modo di pensare, di agire, di conoscere il territorio attraverso dei marcatori del nome-marchio, per mettere in risalto lesioni o problemi della città. Un marcatore di ricerca del nome-marchio criminale all’interno della città è sottolineato dalla relazione stessa dei Commissari per il Comune di Trinitapoli quando scrivono: “ha prevalso il vincolo di soggezione alla criminalità organizzata sul legittimo esercizio del diritto di rientrare in possesso dell’immobile comunale al fine di poterlo riutilizzare per il bene comune”. Un marcatore è esattamente questo vincolo di soggezione per cui un Comune non riesce ad amministrare un bene pubblico per un bene comune ma a favore di un bene privato. In questo caso, il marcatore del nome-marchio-legge indica che il bene comune, l’organismo, è già abbastanza compromesso.