Luoghi pubblici o spazi pubblicitari
Il 23 ottobre è stato pubblicato un articolo sul giornale online di Bisceglieviva in cui veniva riprodotto il video di una automobile che girava a tutta velocità nella nuova area polifunzionale dedicata al mercato settimanale, il martedì. Un’area pubblica inaugurata la settimana prima e che, ancor prima dell’evento inaugurale, era diventata luogo di sosta e di incontro informale. Un grande spazio pubblico non solo destinato al mercato settimanale ma polifunzionale, ovvero dedicato a diverse funzioni pubbliche. Dall’evento dell’auto che scorre a tutta velocità, fino a giungere ai bivacchi, passando per lo spaccio di sostanze stupefacenti, tutto sembra destare scandalo all’interno dello spazio pubblico. Voci e commenti di sdegno si sono sollevati da ogni parte, fino a chiedere il ricorso a cancelli, catene, telecamere di videosorveglianza. Eppure, l’elemento essenziale continua a sfuggirci. Infatti, fenomeni di bivacco in cui tutto viene lasciato come spazzatura in giro, macchine che sfrecciano in aree pubbliche, spaccio di stupefacenti per le strade a bordo di bici elettriche non sono casi isolati di una singola città, ma un processo di ridefinizione dello spazio pubblico, di modulazione della sfera pubblica. In altre parole, ci scandalizziamo per ciò che avviene ma non ci chiediamo che cosa stia diventando la sfera pubblica, ovvero quella parte della società che invoca la responsabilità di ciascuno di noi, in quanto cittadini. La delega verso una architettura ostativa e una militarizzazione urbanistica sembra la sola soluzione che riusciamo a trovare, anche quando sappiamo bene che si tratta di politiche che non risolvono il problema, al massimo lo arginano quando gli interventi politici risultano efficaci, altrimenti è solo un piccolo e momentaneo tamponare delle situazioni di emergenza. Ciò che manca, tuttavia, è una riflessione su uno spazio pubblico e su una sfera pubblica che diviene sempre più oggetto pubblicitario, ovvero luogo in cui esercitare ciò che è possibile consumare. Se nella polis greca e nella civitas romana, lo spazio pubblico era destinato al confronto politico, la delega verso sistemi rappresentativi della politica ha lasciato lo spazio pubblico in balìa del mercato. Tutto ciò si fa e si vive nello spazio pubblico è dato dalla pubblicità, intesa come visibilità di ciò che è consumabile. Così, lo spazio pubblico sembra essere stato ridotto allo spazio pubblicitario, inteso come spazio di prova, di utilizzo e di consumo di ciò che il mercato propone. Letta in questa chiave, la dimensione pubblica di un’area polifunzionale non riguarda solo il rituale settimanale del mercato, ma un continuo spazio vuoto in cui consumare ciò che il mercato propone attraverso la pubblicità. Sia quando parliamo di pubblicità in termini di sponsorizzazione di merci, dall’auto al cibo, sia quando parliamo di pubblicità come predominanza di elementi che danno forma all’uomo contemporaneo: sostanze stupefacenti, sesso, prestazioni. Se, dunque, ci scandalizziamo perché un auto sfreccia sulla nuova area mercatale, ci occorre essere consapevoli che la sfera pubblica che stiamo costruendo o che lasciamo costruire ad altri è esattamente quella pubblicitaria. Per cui un’area polifunzionale pubblica rischia di diventare solo la pubblicizzazione di ciò che il mercato propone. Non un luogo di incontro, ma uno spazio di consumo. Un vuoto pubblico riempito dalla pubblicità, da un mercato sempre più invasivo e pervasivo.
Una riflessione profonda che lascia pensosi sul fatto che è la pubblicità ad omologare i nostri comportamenti, facendoci perdere l’essenza dei problemi.
Consumatori. Con i nostri bisogni, i nostri desideri. Che siano leciti o meno, convenzionali o illegali, guai a non soddisfarli!
È avvilente pensare a una simile trasformazione di certi luoghi, la prima formazione educativa nasce nella famiglia, e poi nelle scuole, spero che i compiti di queste due realtà portino verso una società giovane ben diversa.
Io sono convinto che la mancanza di una risposta adeguata da parte dei cittadini, non solo alla deriva della gestione pubblica ma a tutto quello che riguarda la il rapporto tra gestione politica e rapido col cittadino, dipende dalla mancata formazione a diventare cittadino anziché rimanere gente amorfa. I partiti politici e le istituzioni si sono disinteressati volutamente di questo percorso mancante. Fino a quando non si comerà questo vuoto non potremo definirci una vera t realtà democratica.