Luoghi che curano
Ci sono luoghi che curano. Questa è l’idea che sviluppa Paolo Inghilleri, psicologo ambientale, nella sua ultima opera I luoghi che curano. Una città, una strada, una casa, persino un portone, una finestra p un balcone possono essere descritti come luoghi che esercitano una potenza curativa nei nostri confronti. Non si tratta, infatti, di riscoprire dei luoghi terapeutici come ospedali o case di cura o altro, dove viene esercitato più un potere terapeutico che una potenza curativa. L’intento di Inghilleri è affermare che il nostro stesso vissuto si costruisce intorno a dei luoghi che suscitano in noi sentimenti ed emozioni positive. Luoghi che producono e riproducono in noi un certo benessere non solo emotivo ma anche psichico. Si tratta di luoghi attraverso cui possiamo ricostruire un nostro vissuto o raccontare un evento particolare della nostra vita: il primo bacio, la casa di un amico o di un’amica, i luoghi vissuti durante l’infanzia. Insomma, ci sono una serie di luoghi che raccontano la nostra storia e attraverso cui potremmo raccontare la nostra storia. Ciascuno di noi, paradossalmente, potrebbe tracciare una cartina esistenziale della città attraverso i luoghi che ha vissuto e che continua a vivere. Ma, ancora di più, Inghilleri ci vuole riportare ad una struttura curativa dei luoghi fondata su quattro caratteristiche: coerenza, complessità, leggibilità, mistero. Seguendo lo schema della piacevolezza ambientale di Rachel e Stephen Kaplan, Inghilleri suggerisce come ci siano luoghi che suscitano in noi un sentimento di piacere, non solo perché legati alla nostra storia ma perché si rivelano essere positivi per il benessere integrale della persona. Luoghi che hanno una loro coerenza interna in quanto assomigliano a ciò che già conosciamo e che ci rassicurano in quanto sappiamo cosa incontrare. Luoghi che, per la loro coerenza, sono anche leggibili, ovvero luoghi che conservano forme e simbologie proprie, in grado di situarci nel luogo stesso, di farci comprendere dove siamo. Inoltre, sono luoghi complessi, in cui la capacità di riconoscere dove siamo e di situarci non scade nell’indicazione anonima di direzioni da prendere, ma che ci permette di scorgere una complessa stratigrafia all’interno del luogo stesso, stratigrafia in grado di raccontare una storia del luogo. Per questo, sono luoghi che suscitano in noi anche sorpresa e meraviglia, in quanto leggibili sotto un alone di mistero. Luoghi da scoprire, luoghi da conoscere e, man mano che li conosciamo, di riconoscere noi stessi all’interno dei luoghi. Insomma, non luoghi facili, non luoghi smart in cui tutto sembra a portata di mano e neanche luoghi in cui tutte le informazioni rimbalzano da una parte all’altra. Insomma, tanto per fare un esempio, un monastero risulta essere più piacevole di un supermercato, anche per coloro che non hanno fede, in quanto situato più o meno consapevolmente secondo questi quattro criteri: coerenza, leggibilità, complessità e mistero. Sono luoghi che esprimono un’armonia fra costruito e ambiente naturale in cui poterci rispecchiare, anche a livello psicologico. Luoghi che ci ricordano che si può vivere meglio, non avendo di più, ma abitando i nostri luoghi.