Lo sharing: mobilità come bene comune
L’automobile è una delle più grandi invenzioni della storia dell’umanità, nel bene che nel male. Ha trasformato il concetto di mobilità, soprattutto all’interno delle città. Ma, come tutte le invenzioni, non solo trasforma la nostra concezione di mobilità, ma si trasforma anch’essa in base alle nostre concezioni di mobilità, a seconda di cosa significhi per noi muoversi oggi in città e fra città. Se l’automobile, come tutta la mobilità, è profondamente legata al concetto di trasformazione, la domanda che ci poniamo è come si sta trasformando e come potrebbe cambiare il concetto di mobilità all’interno delle città. Oggi, a parer mio, ci sono due fattori dogmatici che ancora condizionano e per certi versi ostacolano, le trasformazioni urbane. Il primo fattore dogmatico è costituito dall’automobile stessa. Per spostarci sembra che l’automobile sia diventano non più il mezzo possibile ma il mezzo necessario. Anche in una piccola o media città, per compiere tragitti di un chilometro di media, sembra sia diventata necessaria l’automobile. Non solo necessaria per lo spostamento all’interno di una città media, ma anche per andare nel punto preciso in cui scendere, per cui o parcheggio nelle immediate vicinanze o fermo l’automobile dove alla men peggio. L’auto sembra essere diventato il dogma della mobilità, anche in percorsi che si potrebbero fare benissimo a piedi, impiegando molto meno tempo. Tuttavia, oltre questo primo fondamento dogmatico della mobilità, il secondo sembra essere quello del mezzo privato. La proliferazione di automobili, come di tanti altri mezzi di locomozione, è legato ancora ad una considerazione assoluta della proprietà privata. Posso spostarmi da un posto all’altro solo in macchina e solo quando la macchina è di mia proprietà. Su questi due fondamenti dogmatici della mobilità abbiamo costruito anche specifici rituali legati alla maggiore età, per cui essere maggiorenni è finalmente poter guidare un’auto, fino a quando l’auto prima dei propri genitori e poi proprietà. Eppure, la mobilità del futuro si nutre ancora di altre prospettive come il leasing e lo sharing. Da una parte il leasing come noleggio a lungo termine dell’automobile, in cui tutto è compreso all’interno di una singola cifra mensile. Elemento che scardina il concetto di proprietà privata del mezzo, in favore di una sostituzione delle auto e, in prospettiva, anche di una sostituzione solo dei pezzi necessari. Ma ancora più interessante, è il concetto di sharing ovvero di condivisione dei mezzi di mobilità. Iniziando dalla micromobilità, lo sharing riguarda tutto il complesso di mezzi che possono essere condivisi con altri: dai monopattini alle bici elettriche, fino agli autobus e alle metro. Lo sharing tratta la mobilità come bene comune, come elemento che riguarda tutti e non solo chi può permettersi un bene di proprietà. Gli atti vandalici legati a queste forme di mobilità nascono da una concezione dogmatica della proprietà privata, per cui se una cosa non è mai, se non l’ho acquistata come privato, allora può essere distrutta e deteriorata. Per questo motivo, la mobilità del futuro ha bisogno non solo di mezzi ma di una cultura che veda nella condivisione il suo nuovo principio, la sua nuova prospettiva in relazione al bene comune.