Le Baraccopoli come laboratorio umano
Una delle maggiori emergenze globali nei confronti della città sono i famosi slum. In una delle tesi, di una mia amica, che ho avuto il piacere di leggere, sulla rigenerazione urbana per un quartiere della città di Maputo, capitale dello Mozambico, viene affrontato il tema delle baraccopoli, chiamate anche slums, ovvero degli insediamenti informali all’interno delle grandi città, soprattutto nei Paesi del Terzo Mondo. Le abitazioni informali, sono dette appunto baraccopoli, in quanto sono insediamenti costruiti uno accanto all’altro dalle stesse persone che ci abitano, senza un piano urbanistico, senza servizi igienici, senza permessi, senza una tutela da parte del Comune in cui sono inseriti o dello Stato. La baracca, infatti, è tale in quanto viene costruita con materiali semplice, di riciclo, in maniera autonoma. Queste abitazioni, in seguito, costituiscono un vero e proprio insediamento, tanto da parlare di baraccopoli ovvero di città di baracche. Se, tuttavia, per noi occidentali il paesaggio delle baraccopoli ci sembra tipico dei Paesi del continente africano o latinoamericano, come anche sempre identico a se stesso, occorre affermare che ci sono differenti tipologie di slums come differenti approcci alla vita nelle baraccopoli. Possiamo ritrovare, infatti slums nel pieno centro storico delle città, con abitazioni abbandonate dai precedenti coloni e ripopolate in maniera confusa e arbitraria da persone indigenti che non hanno trovato altre possibilità abitative. Possiamo trovare, inoltre, insediamenti informali e illegali nelle periferie delle grandi città, sia in terreni considerati invivibili dalle amministrazioni, sia su terreni o proprietà su cui gli abitanti della baraccopoli non hanno diritto. Altri sono gli slum satellite, i quali non sorgono nelle immediate vicinanze di una megalopoli o in una zona ben precisa, ma o all’interno della stessa città, costituendo una piccola isola, oppure in quartieri lontani dal centro, in aree completamente disabitate. Le baraccopoli rappresentano, oggi più che mai, un fenomeno urbano estremamente interessante per il loro essere insediamenti totalmente spontanei, frutto dell’indigenza ma anche capaci di creare nuove forme comunitarie, come anche nuove problematiche riguardanti la legalità e la sicurezza. Tuttavia, la dimensione della città informale genera nuove possibilità di riflessione non semplicemente a livello urbanistico o amministrativo, ma soprattutto su cosa significhi essere comunità e come le comunità non istituzionali, le comunità informali giochino un ruolo importante nelle città di grandi proporzioni e di accelerata espansione. Infatti, uno dei più grossi problemi delle megalopoli è l’ingresso di intere comunità in un mercato globale che rende le città più funzionali ma meno comunicative. Così, proprio le baraccopoli divengono non solo un coacervo di problemi, un insieme di insicurezze e di precarietà, ma anche una vera occasione per riscoprire il senso comunitario all’interno di una città. Sia per differenziazione (quelli che vivono nella città e quelli che vivono nella baraccopoli), sia per etnia o tribù o clan all’interno della stessa baraccopoli. Forme antiche e nuove di convivenza si incrociano, lasciando spazio a nuove espressioni dell’essere città, come anche alle nuove opportunità su cui poter lavorare. Infatti, molti progetti di rigenerazione urbana hanno come background sperimentale proprio le baraccopoli dell’America Latina e dell’Africa. Sono esperimenti di una umanità che continua a chiedere di vivere una esperienza umana all’interno di una città, di umanizzare le proprie relazioni, al di là dell’economia, dell’efficienza, dell’estetica dell’apparenza architettonica. Un campionario umano che, come direbbe Fabrizio de Andrè, ritroviamo nella spazzatura e fra la spazzatura. Un campionario di sperimentazione, di esperienze, di condivisione, di comunicazione, di abitazione resistente e resiliente nei confronti di un mercato globale che produce sempre più scarti, sempre più differenza fra la città dei ricchi e la città dei poveri. Ecco, allora, perché le baraccopoli, oggi, non rimangono solo un fenomeno sociologico, ma divengono un vero e proprio laboratorio di umanità.