L’argilla, la luce, l’Incarnazione
In tedesco viene chiamata Heilerde ovvero terra medicamentosa. Non si tratta di un nuovo composto chimico in grado di offrire nuove soluzioni abitative, ma di un composto antichissimo: l’argilla. Dopo la seconda guerra mondiale, l’invenzione del cemento armato ha eclissato un modo di costruire molto più antico, molto più durevole nel tempo, molto più ecologico, molto più a tenuta termica, ovvero la costruzione in argilla. Da pochi anni, da quando si è posto nuovamente attenzione al clima, ai pericoli dei cambiamenti ambientali, all’utilizzo di una economia circolare dove non si producono più scarti o rifiuti, ecco che la terra cruda, l’argilla, torna nuovamente nel panorama dei materiali da costruzione. Un materiale che dura molto più del cemento armato, tanto che molti degli edifici più antichi che le culture ricordano sono proprio in argilla, dalle ziggurat mesopotamiche ai nuraghi sardi. Come anche la tenuta termica dell’argilla è di molto superiore al cemento, e questo la rende uno dei materiali più efficienti nei confronti del consumo energetico delle città. Ma se all’efficienza si aggiunge anche un valore simbolico ecco che l’argilla rimanda al nostro essere umani, alla polvere che siamo. Tutte le mitologie parlano di un uomo tratto dal fango, di un nuovo che viene impastato di argilla e di una scintilla divina. La stessa Genesi, nel suo racconto che ha subito influenze dai popoli vicini, parla di Dio che modella dalla polvere l’essere umano e gli dona uno spirito divino. Perché già gli antichi lo sapevano, la polvere, la terra e, quindi, l’argilla è un po’ la stessa condizione umana. Gettati in un mondo a cui apparteniamo, in cui siamo ben radicati ma, al tempo stesso, cercando qualcosa di altro, qualcosa che nessun altro ente cerca, ovvero il senso. E questa ricerca di senso è così propria dell’essere umano che qualche filosofo, non trovando pari in nessun’altro ente, ha pensato fosse solo una invenzione umana. Invece, la ricerca di senso è proprio ciò che maggiormente ci è dentro, anche quando lo rifiutiamo, lo nascondiamo, lo giustifichiamo. Il senso del nostro essere argilla ma, proprio perché argilla, oltre la nostra stessa materia. Se, poi, di questo materiale se ne fa una cappella, allora il nesso simbolico dell’argilla e dell’umanità acquista un sapore ancora più profondo. La Cappella della Riconciliazione a Berlino, sorge proprio sul luogo di una precedente cappella abbattuta per la costruzione del Muro in cemento. Uno strumento di divisione come il Muro viene soppiantano nuovamente da una Cappella intitolata proprio alla Riconciliazione, ovvero all’unione. Unione fra due parti della stessa città che era stata spaccata in due, ma anche Riconciliazione fra Dio e l’essere umano. Ed è proprio l’immagine di questa Cappella che ci può aiutare a riflettere più intensamente sul mistero dell’Incarnazione di Cristo. Dove la luce incontra la terra, dove il divino si impasta con l’umano ecco che questa è l’Incarnazione di Gesù. Il Figlio di Dio, lo splendore del Padre, che si fa argilla e che scende nella nostra condizione di argillosità, nella nostra umanità. E se questo è il mistero dell’Incarnazione di Gesù, è anche il mistero di ogni attimo dove la luce penetra nella nostra argilla, dove un raggio inatteso giunge nella nostra povertà. Perché dove c’è divisione possa esserci nuovamente terra buona, per costruire unità.