La città dei quindici minuti come scelta politica
Dopo qualche mese ritorniamo a parlare della ormai celebre città dei quindici minuti. Tuttavia, non vogliamo riflettere soltanto attraverso la lente dell’urbanista quanto attraverso la lente della politica. L’idea della città dei quindici minuti si sviluppa intorno all’idea di prossimità spaziale, per cui la pianificazione urbana ha bisogno di tener conto dei tempi di percorrenza degli abitanti della città. L’idea propugnata dall’urbanista Carlos Moreno è che una città abbia bisogno di tempi di percorrenza brevi, fondati sulla prossimità. Abbiamo spesso pensato a questo tipo di prossimità in relazione al commercio e ai mercati. Per cui, pianificare una città, corrisponde alla possibilità di aprire sempre più mercati, negozi o centri commerciali. La prossimità della città dei quindici minuti non riguarda, in prima istanza, la sfera economica quanto la dimensione pubblica della città. La città dei quindici minuti si costruisce intorno ad uno spazio pubblico di prossimità, per cui posso raggiungere, nell’arco minimo di tempo, spazi e luoghi di incontro, condivisione o di servizi di pubblica utilità. In questo senso, dunque, la città dei quindici minuti non acquista solo un senso di prossimità economica, ma politica. Tuttavia, i quindici minuti della città possono essere letti a varie scale e secondo vari criteri. Ci sono quindici minuti di percorrenza a piedi, come anche quindici minuti di percorrenza attraverso mezzi pubblici e trasporto intermodale. Insomma, quindici minuti sono un tempo politico all’interno della città non solo come spazio vicino, ma come elemento di prossimità in grado di connettere varie parti di città e, addirittura, varie città fra di loro. Prossimità, allora, riguarda anche la tecnologia e l’utilizzo del virtuale come dimensione pubblica, il che accorcia ulteriormente le distanze percorribili in quindici minuti. Dunque, la città dei quindici minuti non riguarda soltanto la sperimentazione e la pianificazione urbanistica ma le modalità di prossimità politiche con cui e in cui poter vivere il quotidiano nelle città. Per questo motivo, stando alla riflessione di Stefano Boeri, l’urbanistica non può più soffermarsi all’astrazione di piani urbanistici, ma ha bisogno di entrare nella sfera politica, di interpretare le decisioni politiche dei cittadini per renderli sempre più abitanti dell’arcipelago urbano. Infatti, la città dei quindici minuti non riguarda la segregazione all’interno dei quartieri, né tantomeno l’aumentare delle diseguaglianze fra gente costretta a vivere in periferia e gente che trova tutto in centro. La città dei quindici minuti è un esperimento politico di interpretazione della città come arcipelago in cui muoversi attraverso reti di mobilità nomadi. In questo consiste la nuova scelta politica delle città, in prossimità.