La bellezza sistemica delle città
Quando parliamo di Italia ci risulta più facile parlare di Bel Paese piuttosto che di bruttezza. Sappiamo bene come in Italia ci sia la maggior parte del patrimonio artistico e culturale del mondo, di come le nostre città siano caratterizzate da edifici belli, eleganti e in grado di raccontare l’epoca in cui sono nati. Eppure, la bellezza a cui siamo abituati sembra stridere con l’ambiente circostante, fatto spesso di degrado e di abbandono. Centri storici con imponenti cattedrali accanto ad altri edifici abbandonati o in disuso, vittime del degrado. E mentre si pensa ancora ad un investimento turistico partendo dalla bellezza, in realtà sembra di perdere il vero senso della bellezza, insito nelle nostre città. Cosa ha generato bellezza? Come possiamo affermare che un edificio è bello mentre un altro è brutto? Come la bellezza di un edificio acquisisce un pregio storico artistico? Tutte domande a cui non basterebbe un solo intervento per rispondere. Eppure, seguendo un’intuizione di Giancarlo de Carlo, riportata da Elena Granata, possiamo affermare che la bellezza è data dal “costruire per paesaggi”. Possiamo parlare di bellezza non semplicemente in riferimento ad un monumento isolato dal suo contesto, staccato dal contesto storico e culturale in cui è sorto. La bellezza ha sempre e comunque a che vedere con un contesto culturale che è anche contesto territoriale. Ci siamo educati a considerare la bellezza come singolarità staccata dalle relazioni, come edifici avulsi dal contesto in cui sono nati. E questo ha portato non solo ad una visione musealizzata e accademica della bellezza nelle nostre città ma a considerare la bellezza come un privilegio per pochi, come un lusso per alcune zone della città, mentre per altre rimane solo bruttezza e anonimato. A questo si aggiunge anche una scarsa considerazione della bellezza per l’esterno degli edifici, preferendo una concentrazione all’interno delle abitazioni. La bellezza, dunque, diviene arte per l’interior design ma non per l’urbanista, non per chi costruisce e abita la città. Dunque, tornare a considerare la bellezza nelle nostre città significa tornare a considerare la relazione che l’edificio o il monumento ha con il suo contesto storico, con il territorio, in modo particolare con il paesaggio in cui è nato. Paesaggio che, spesso, è stato contaminato da altri fattori e da altre realtà che non rientrano nella bellezza originaria. In questo senso, allora, guardare alla bellezza non significa solo ammirare un edificio ma riscoprire bellezza nei luoghi in cui questa è andata distrutta, in territori in cui la bellezza è stata occultata da edifici nati come funghi e subito abbandonati. Un esempio di recupero della bellezza potrebbe essere la demolizione delle vecchie cementerie che hanno segnato/sfregiato il panorama costiero delle nostre città o altri interventi capaci di rimuovere gli ostacoli che si frappongono ad una visione sistemica della bellezza, fatta di interazioni fra gli edifici e il paesaggio, fra la natura e la cultura di un luogo. Così, possiamo riscoprire quella bellezza che non è fatta solo di ammirazione ma anche di realizzazione personale, di felicità e di benessere all’interno di tutte le nostre città.
Condivido pienamente il tuo pensiero e aggiungo che in pianta le nostre città da sempre rispecchiano estetiche puramente progettuali ed ideali, legate, peraltro verso, ai rapporti censo/bellezza e centro/periferia. La possibile bibliografia in tal senso sarebbe vastissima in ambito geografico: un volume su tutti è il sempreverde classico di Peter Goud, Il mondo nelle tue mani. In tempi recenti abbiamo importato il modello globalizzato dei “boschi verticali”, che talvolta costituiscono una vera e propria iattura, un pugno nell’occhio ed un calcio in faccia alle tradizioni e alle millenarie cultura urbanistica e paesaggistica della Penisola, qualunque essa sia. Il paradosso è che, camuffandone le funzioni e le linee degli interni, gli appartamenti dei boschi verticali si rifanno, mutatis mutandis, alle soluzioni operative della domus romana.