Joker e Megalopolis: la salvezza nelle città
In un primo momento abbiamo voluto trattare Joker: folie à deux e Megalopolis in maniera separata, provandone a dare una interpretazione per quanto riguarda il nostro percorso di filosofia urbana. Proviamo, ora, per quanto siano differenti per ambientazione, storia, personaggi, temi, a guardarli in sincrono, in quanto, crediamo, ci possono offrire un interessante spunto di riflessione inattuale, direbbe Nietzsche,sulle città attuali. Il primo elemento che divide e accomuna i due film è la visione in opposizione. Joker ci fa vedere un uomo che attraversa le strade della città, invisibile e notturno, con poche luci accese e quasi nessuna sulla sua vita. Megalopolis, invece, ci mostra un protagonista sempre al centro dell’attenzione, sempre sotto i riflettori, sempre, in qualche modo, sulla città. Dalle prime immagini in cui sia lui, Catilina, sia Cicero, il suo nemico, sono sul plastico della città, fino alle scene in bilico su una trave che governa la città, il protagonista di Megalopolis guarda la città dall’alto. Un alto senza elevazione, come anche per Joker è una bassezza senza possibilità di elevarsi, pena il pagamento dello scotto di diventare altro da sé. Dall’alto o dal basso, insomma, non c’è alcuna possibilità di elevarsi nella città, nessuna possibilità di crescere, nessun senso comune, nessuna politica in grado di aiutare i più deboli e di stabilire uno spazio pubblico di interesse. Tutto è ridotto ad essere solo e soltanto una sorta di rappresentanza e rappresentazione della città, in una parvenza che non ha più senso di esistere tranne nel riprodurre se stessa. È la negazione del concetto di transizione di cui abbiamo parlato qualche articolo fa. Negazione di un passaggio di crescita della città e all’interno della città, possibile solo dalla politica e nella politica. Città senza polis, dunque, annunciate anche dal famoso saggio di Murray Bookchin Dall’urbanizzazione alle città, in cui ciò che conta sono le scadenze, i protocolli, i programmi e non più la riflessione e il dialogo. Gotham e Megalopolis, dunque, sono città che hanno in comune, seppur nella differenza delle forme e delle narrazioni, questo bisogno incessante di politica, questa richiesta di politica autentica come fonte di salvezza dalla burocrazia e dalla corruzione. Ciò che chiedono i cittadini, allora, oltre i rigurgiti populisti, oltre le pressioni e repressioni delle istituzioni, è salvezza. Non si sa ancora come e da chi verrà la salvezza, ma crediamo che per le nostre città, per una qualità urbana e per una sostenibilità ambientale, occorre una politica attenta alle persone, una politica che si fermi a riflettere e a dialogare con le persone, parlando alla ragione e non alla pancia. Una propensione alla salvezza non degli edifici ma dell’essere umano, del suo inquieto cercare punti di riferimento e comunità, tornando ad una consapevolezza di fondo. Consapevolezza che il mio problema, per quanto intimo, è anche il problema dell’altro, è il problema di chi mi è accanto, di chi vive e abita con me nelle città. Come ci ricordava la Scuola di Barbiana: sortirne insieme è egoismo, mentre uscirne insieme è politica.