Joker e il paradosso della metropoli
Chiunque abbia visto il film Joker sa che le prime parole raccontato già un problema urbano. La città è infestata dall’immondizia. Dappertutto ci sono sacchi di immondizia, topi e cattivi odori. Ma la drammatica situazione urbana di Gotham non è presente solo all’inizio del film ma segue, insegue o persegue il protagonista per tutto lo svolgimento della trama. Per ben due volte, nel capolavoro di Todd Philips, vediamo la città in maniera sopraelevata e un piccolo treno che passa sui binari che attraversano in due la città. In quel treno che Arthur Fleck, il futuro Joker. Molte, poi, sono le scene all’interno di un palazzo fatiscente, che potremmo definire un vero e proprio alveare umano, dove potrebbero abitare milioni di persone, ma noi ne conosciamo e vediamo solo due. Perché seppur possiamo supporre che ci siano tanti residenti in quel palazzo, nessuno conosce nessuno, nessuno esiste per nessuno. Tutta la trama del film, infatti, si gioca sul tentativo di uscire dall’anonimato, dall’essere nessuno in una città che non fornisce nessuna opportunità, nessun motivo per essere felici. Ed è qui che si nasconde il desiderio del protagonista, il desiderio di felicità in un mondo ispirato dalla violenza, in una città violenta. Una città che, tuttavia, non è ancora sprofondata nel caos perché si regge su alcuni personaggi in vista che esprimono serenità e sicurezza. Da una parte Murray Franklin e dall’altra Thomas Wayne. Quest’ultimo è il grande magnate di Gotham, nonché padre di Bruce, futuro Batman. È un personaggio che guarda la città dal suo punto di vista, dalla lontana tenuta dei Wayne, chiusa da cancelli e sicura dalla violenza. L’altro, invece, è Murray Franklin, del Franklin’s show a cui il nostro protagonista anela partecipare. Murray è il classico personaggio che spicca in mille colori dinanzi al grigio della quotidianità. Ma se questo lo rende un punto di riferimento all’interno del panorama televisivo della città, lo renderà anche il bersaglio preferito del Joker. Perché l’uscita dall’anonimato di Fleck è proprio nella trasformarsi non in una creatura mostruosa, ma nell’esatto prodotto urbano della megalopoli Gotham. Sarebbe troppo facile dire che Joker è il mister Hyde dell’essere umano oppure che è solo un pazzo, perché nel suo essere c’è tutto ciò che la città ha potuto offrirli, fra cui anche la chiave per divenire ciò che è. Per questo motivo, Joker non emerge come uno showman inarrivabile, ma come simbolo di una città che scoppia nel caos, la scintilla di una situazione esplosiva. E la manifestazione più chiara di questo è la danza sulla scala, dove il grigio che appesantiva Fleck esplode in una danza selvaggia e colorata. Allora, la libertà diviene violenza, la violenza sembra essere la sola forza in grado di far emergere una persona all’interno di una città anonima. Un paradosso nel paradosso, come è Joker.