Inizio e fine
Nm 6, 22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21
Sia apre dinanzi a noi un nuovo anno. In questo primo giorno dell’anno, sentiamo la freschezza di un nuovo giorno, di una nuova vita e di una nuova possibilità che ci viene offerta, con tutti i rischi e gli imprevisti del caso. La fine e l’inizio di un anno, in realtà, non ci lasciano solo l’augurio di un anno migliore, ma ci mettono dinanzi anche una sorta di inquietudine e di brivido per come sarà questo nuovo anno. Finisce un anno e ne inizia un altro. Eppure, questa fine e questo inizio non sono semplicemente delle chiusure segnate dalle lancette, ma ci rimandano ad una realtà ben più profonda che caratterizza la nostra stessa esistenza. Romano Guardini, uno dei maggiori teologi del Novecento, pone una distinzione fra initium e principio, fra l’iniziare di una cosa e il principio che riguarda una realtà ben più profonda dentro di noi. Un principio che, in questi giorni, abbiamo ascoltato anche nel Vangelo secondo Giovanni: In principio era il Verbo. Un principio che non dice solo l’inizio ma, al tempo stesso, origine e compimento, inizio e fine, originale e originante. Sembra una realtà complessa quella del principio, eppure è una realtà che fa da sfondo a tutta la nostra esistenza. Ogni giorno crediamo di iniziare un nuovo giorno, ogni giorno crediamo in quell’inizio ci sia un elemento di novità che non solo fa sussultare la vita ma che diviene integrità della vita stessa. Un inizio e una fine che sono racchiusi nella benedizione di Dio. Non solo un inizio ma anche la consapevolezza di una fine, di un fine, verso cui la vita confluisce. L’esperienza del principio, dell’origine, è esattamente qui, nel tenere insieme l’inizio e la fine. Dove l’inizio è la possibilità di una novità e la fine è il compimento stesso di una esperienza. Non esiste inizio se non esiste fine e in ogni fine intravediamo già un nuovo inizio. Non in maniera ciclica, come se inizio e fine si alternassero, ma come esperienza in cui inizio e fine combaciano, coincidono nella nostra vita. Forse è proprio questo il dramma di una esistenza che non riesce ad affrontare la fine, per cui lascia sempre degli spiragli aperti, si prolunga verso l’indefinito, non sceglie, pensa che la vita e le possibilità non siano infinite ma solo illimitate. Si tratta di un modo di concepire l’esistenza in cui non scegliamo mai, in cui ci blocchiamo, ci fossilizziamo su ciò che è stato e niente va più avanti. Non è la fine ciò che spegne la vita ma il procrastinare la vita stessa verso un’indeterminatezza sempre identica a se stessa. Per questo, l’esperienza del principio, del tenere insieme e del far sorgere la vita è nella co-incidenza fra inizio e fine. Solo in questo principio che per noi è il Cristo stesso, possiamo riconoscere la benedizione di Dio, un Dio che si fa benedizione nella nostra esistenza. Quella benedizione che Dio ha trasmesso a Mosè, che Mosè ha trasmesso ad Aronne e che noi riceviamo alla fine della celebrazione eucaristica, ad una fine che apre, ad un compimento che mette in cammino, come i pastori che vanno a visitare la mangiatoia in cui è presente Gesù. I pastori ritornano, dopo aver visto Gesù, ringraziando e lodando Dio per tutto quello che avevano visto, per quel compimento che li ha messi in moto. Non viene detto: per quell’inizio, ma per quel compimento, per ciò che era stato detto loro. Ed è sempre un compimento di otto giorni che fa ricevere a Gesù il suo nome, come aveva detto l’angelo nel concepimento. Perché compimento e concepimento, sono una fortunata assonanza che ci permette di fare esperienza del principio. Fra inizio e fine, fra compimento e concepimento, risplende il volto di Dio su di noi, possiamo vivere l’esperienza di Dio nella pienezza del tempo e a tempo pieno. Una pienezza che ci rimanda al concepimento e al compimento, ad una nascita e una morte che fanno parte della vita stessa e in cui viviamo le esperienze di vita. Uno splendore che ci fa vivere ogni giorno nel principio, in un inizio e una fine che tiene insieme tutta l’esistenza, che ci fa essere unici e che rende unici i nostri giorni, anche nel proseguire delle giornate. Vivere l’esperienza di Cristo, dell’inizio e della fine, dell’in principio, dell’origine e dell’originale, dello splendere del volto di Dio su di noi, significa ritornare sulla propria esistenza e benedirla, per gli inizi e le fini che abbiamo vissuto e che possiamo continuare a vivere. In questo risplendere di Dio, allora, la vita stessa diviene benedizione e giunge a compimento.
Ma come sei bravo, ancora auguri e sinceramente mi sento sempre in principio e veramente con ancora molto da definire