Il Sacro GRA
Paesaggi e storie urbane a cui non diamo molta importanza costellano la narrazione di Il Sacro GRA. Documentario di Gianfranco Rosi sulle storie e le persone che circondano il Gran Raccordo Anulare, la grande autostrada che circonda Roma. Non solo un circuito di auto e un via vai continuo di mezzi che creano il sottofondo del documentario, ma soprattutto dialoghi, eventi, scene notturne e diurne di una popolazione che orbita intorno al Grande Raccordo Anulare. Nonostante sia l’autostrada che circonda Roma, il documentario di Rosi non presenta la strada come confine della città di Roma, quanto un anello intorno a cui orbitano persone di passaggio, in attesa, in difesa del territorio. Uomini e donne ritratti nelle loro case, sul lungo Tevere, per strada. Storie che si intersecano, dialoghi a cui non presteremmo alcuna attenzione se non fossero ripresi dalla cinepresa di Rosi. Eppure, ciò che trasforma il Gran Raccordo Anulare nel Sacro GRA di Rosi non è la trama avvincente o i fatti eclatanti, ma la posizione della sua cinepresa, la sua camera che vaga nella quotidianità delle persone. Camera che racconta le persone dal punto di vista di un regista, che narra storie orbitanti, confuse fra il frastuono delle macchine e il difficile abitare una zona in movimento. Rapide trasformazioni in giorni che si assomigliano tutti, notti di trasgressione e di miseria che costellano i night club della periferia. La sacralità vera e propria del Grande Raccordo Anulare non è data dalla difesa estrema dei confini, come mura e spazi invalicabili, ma dal movimento che fa da sottofondo ad una esistenza statica. Le storie di Francesco, Roberto, del principe Filippo e della sua famiglia, di Cesare e Paolo con sua figlia, sono le storie di persone comuni, rese nel racconto cinematografico dalla camera attraverso cui si vedono. Camera vagante, camera che attraversa il GRA alla ricerca di un sacro che appartiene alla vita di tutti giorni, alle notti più movimentate come ai cambiamenti sociali. Una sacralità che si ritrova nella difesa del territorio e nella miseria dell’essere umano. Una umanità in movimento, in un costante nomadismo di luoghi, capace di creare orbite nuove, spazi sacri in cui incontrarsi.