Il grandturismo: oltre la massificazione
Continuando la nostra riflessione sulla relazione fra arte e città, la quale potrebbe essere molto ampia e quasi inesauribile, vogliamo puntare l’attenzione su una prima dimensione storica legata a cogliere il nesso fra arte e turismo. Il fenomeno di colui vogliamo parlare è il Grand Tour. Fenomeno che inizia nel Settecento, il secolo in cui la conoscenza illumina la mente, si trattava di un lungo giro per l’Europa, per giovani aristocratici che potevano permetterselo. I giovani andavano in giro per tutta l’Europa per conoscere l’arte, il genio, i monumenti, le città e, in questo modo, apprenderne la cultura, la politica, gli stili artistici e così via. È esattamente il progenitore del turismo così come lo conosciamo oggi, sempre in bilico fra la democrazia e la massificazione. Come suggeriva Franco La Cecla in un incontro, il turismo è una forma di democrazia e di democratizzazione della popolazione. Infatti, nel corso dei secoli, il viaggio turistico non è più ad appannaggio dei ricchi ma della maggior parte della popolazione che può spostarsi senza grandi difficoltà da una città all’altra a costi ridotti. Il turismo, dunque, è una forma altra e particolare di democrazia che permette di conoscere viaggiando. Anche le celebri visite d’istruzione nel periodo scolastico nascono da questa idea per cui viaggiare è uno dei (pochi) modi con abbiamo per allargare la mente, per conoscere, per confrontarci con ciò che ancora non conosciamo. Se, tuttavia, il turismo è una forma di democrazia da un lato, dall’altra parte ben sappiamo come la massificazione del turismo abbia portato ingenti economie nelle città ma anche come abbia depredato e dilapidato molto dell’abitato e dell’abitare nelle città. In molte città, infatti, ci si inizia a chiedere se il turismo di massa non comporti più danni che altro, se il turismo sia davvero una fonte di guadagno integrale oppure sia solo una questione economico-estrattiva per cui bisogna succhiare al turista ogni forma di denaro possibile, creando dei centri urbani invivibili di giorno e di notte. In un empasse del genere, in una dialettica fra democrazia e massificazione, forse ci occorre tornare all’origine del significato del turismo, proprio al Grand Tour. Non a porre il turismo in una dimensione elitaria, ma nella consapevolezza che si viaggia non solo perché si ha tempo libero e si cerca di riempire il tempo con dei pacchetti a consumo, ma per conoscere. Lo stereotipo del turista che sporca, danneggia, invade, abusa, consuma e profana è sempre più ricorrente nelle nostre città. Forse, una contromisura a tutto questo potrebbe essere tornare a pensare al grandturismo come pratica di viaggio e conoscenza, come ermeneutica dei luoghi, come tentativo di cogliere l’anima di una città e renderla parte di quella stratificazione del proprio spessore umano.
In tutte le cose, quando si va oltre certi limiti, vale quel detto di Cultura popolare che dice: “il troppo stroppia”. Circa il depredare l’abitato cittadino, potrei dire che é una conseguenza di una politica assente circa un’architettura inesistente del settore. Lo stesso si può dire di una politica assente circa l’architettura degli alloggi per gli studenti fuori sede,mentre in Francia, da tempo, é stata attuata una politica per gli alloggi degli operai in trasferta a tempo, per le coppie separate e per gli studenti fuori sede. Poi ci mettiamo il turista da spennare, il turista che sporca, gli studenti in gita scolastiva che distruggono gli alberghi. Sarebbe bello tornare a pensare al granturismo come pratica di viaggio e di conoscenza, insieme però, va attuata una politica di partecipazione consapevole in tutti i suoi settori coinvolti “massificazione democratica”.