Il Clochard: un dono di Banksy
L’ultima opera di Banksy ha lasciato tutti commossi. Prima delle festività di Natale, a Birmingham è spuntato fuori un video che ha subito fatto il giro del mondo. Nel video si vede un clochard che si stende su una panchina per prepararsi alla notte. Dopo essersi sdraiato ecco che l’obiettivo si allarga e, accanto alla panchina, sul muro, sono ritratte due renne nell’atto di tirare la panchina dove è sdraiato l’anonimo barbone. Uno spettacolo per la vista, ma non solo per la commozione prenatalizia che ha suscitato l’opera. Infatti, sappiamo come le opere di Banksy sono pregne di un significato sovversivo e rivoluzionario. Il nostro autore è riuscito a trasformare l’effervescenza della preparazione al Natale in un atto di denuncia, neanche tanto mascherato. E possiamo parlare di denuncia anche considerando che il murales è stato rovinato da persone anonime, forse perché dava troppo fastidio. Un barbone che diviene Babbo Natale non è solo indice di una maggiore attenzione o solidarietà nei confronti di chi è costretto a passare il natale in solitudine o nella completa dimenticanza. Ma è la forma attraverso cui Banksy fa un dono a tutta la nostra percezione dell’arte e del Natale. Dal punto di vista simbolico, Babbo Natale non è solo un uomo con il pancione ma è, allo stesso tempo, il dolce portatore di regali e lo spietato sintomo di un consumismo che divora tutto e tutti. Trasformare un clochard in Babbo Natale significa, dunque, trasformare il significato stesso di Babbo Natale, farlo diventare un donatore di messaggio. Perché la trasformazione non riguarda il barbone, il quale non si veste da Babbo Natale, ma riguarda Babbo Natale stesso a cui le renne accennano. In altre parole, è come se il vero dono che fa questo Babbo Natale non sono regali, ma persone, una persona povera, sola, continuamente esposta al rischio delle intemperie e della violenza. Una persona invisibile che raggiunge il massimo della visibilità proprio perché diviene il personaggio più visibile nel periodo natalizio. Il dono, dunque, è quello della povertà, della emarginazione, della solitudine, di persone che vorrebbero essere altrove e che altrove non potrebbero mai essere. Il dono della miseria che più diviene donata più sparisce. Questa è la bellezza di uno sconosciuto barbone che sogna di essere portato altrove dalle renne e per cui quell’altrove sono i nostri sguardi, le nostre case, i nostri cenoni. In un modo o nell’altro il sogno del barbone di essere altrove e la nostra attesa di un dono si incontrano. E la denuncia diviene annuncio, di una povertà condivisa, fra gli uomini e le donne di oggi, come da un Dio che è nato nella povertà di una stalla.