Guida turistica scartata 4: Masseria San Vittore
L’antica Masseria San Vittore, proprietà della Diocesi di Andria, è un luogo quasi perso fra le colline della Murgia. Un luogo nascosto ma non difficile da raggiungere, grazie alla segnaletica e ai suggerimenti del navigatore. Un luogo abbandonato per anni, in cui erano cresciute sterpaglie e rovi, piante che non portano frutto ma che infestano la società. Pregiudizi sulle piante che si riversano anche sugli scartati della e dalla società, in modo particolare i detenuti. Ed è proprio qui, nella Masseria San Vittore che nasce il progetto “Senza Sbarre”, attraverso cui detenuti o ex detenuti possono tentare di far qualcosa della loro vita scartata. Nella Masseria San Vittore, infatti, si attuano tutte le misure alternative al carcere per semiresidenziali, semiliberi, affidati, messi alla prova, in permesso premio, nelle diverse forme di libertà condizionale o vigilata, liberi in sospensione della pena in attesa della decisione del tribunale di sorveglianza. Un luogo scartato in quanto abbandonato per secoli che diviene terra, aria, mura e lavoro per tante persone che vogliono ritornare a vivere, dopo l’inferno delle carceri. Persone che, per un momento di gelosia o per una brutta giornata, hanno pagato con mesi di carcere e, nel frattempo, hanno perso tutto, dal lavoro alla famiglia, dalle relazioni umane alle amicizie. Perché il carcere non è solo un luogo dove sostare, come se fossimo fermi un giro per penalità nel gioco della vita. Ma è un luogo, attualmente, in cui le sbarre segnano una cesura esistenziale, un taglio rispetto a tutto ciò che si era prima di entrarci. Ecco perché, senza sbarre, significa non solo uscire dal carcere, ma reintegrare e ricucire delle relazioni sociali, lavorative, amicali con le persone, far sì che quella vita scartata possa tornare ad essere una vita degna. E per essere una vita degna ha bisogno di terra, di acqua, di aria, di spazio e di tempo per riabilitarsi e anche per lavorare. Per questo motivo, i taralli prodotti in masseria non sono solo ottimi dal punto di vista gastronomico, ma sono il simbolo di una vita scartata, macinata e impastata, cotta e gustata fino in fondo, grazie alle tante persone che, in Masseria, ci lavorano, ci abitano e hanno deciso di spendere la vita, al fianco degli scartati.
Mi piacerebbe comprare questi biscotti scartati, chissà se troverò in loro un sapore diverso. Un sapore che nei biscotti fatti in modo industriale non si trova più, ma che nelle mani di persone vere possono avere ancora.