Gli elfi e la villa: una nobiltà ecologica
Fra le creature più antiche che possiamo incontrare nella Terra di Mezzo ci sono gli elfi. Creature immortali, alte, capaci di grande sapienza e di grande maestria, profondi conoscitori dell’astronomia, del combattimento e dell’artigianato. Possiamo, a questo punto, ricordare che sono stati proprio gli elfi, attraverso un inganno, a collaborare con Sauron per la creazione degli anelli del potere. Tuttavia, uno dei tratti peculiari del mondo elfico è che essi non appartengono alla Terra di Mezzo. Abitano la Terra di Mezzo in alcune regioni, tuttavia la loro terra è Valinor, al di là del mare. Non sono creature nate nella Terra di Mezzo e non appartengono, in maniera stabile, alla Terra di Mezzo. Nei racconti di Tolkien, in particolare ne Il Silmarillion, viene raccontata la loro origine e la lotta contro Melkor e il regno del male di Morgoth. In seguito alla forgiatura dell’anello del potere e dell’ascesa di Sauron, gli elfi combatteranno accanto agli uomini per sconfiggere definitivamente il potere del male nella Terra di Mezzo. Sono, insomma, un concentrato di tutto quanto ci sia più nobile e di più alto nelle creature. Gli elfi sono il simbolo di quella nobiltà d’animo a cui aspira ogni essere umano. Eppure, nonostante la loro nobiltà e il loro alto lignaggio, sono gli esseri più corruttibili e deformabili da parte delle forze del male. In questo ritroviamo tutto l’acume spirituale di Tolkien che sembra far eco alla frase dell’apostolo Paolo: chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere (cfr. 1 Cor 10,12). Infatti, gli Orchi, i Goblin e gli Uruk ovvero tutti i soldati e la manovalanza del male, hanno origine da una degenerazione degli elfi, da una mutilazione e un avvelenamento delle creature più nobili della Terra di Mezzo. Melkor, il signore del male, non crea gli orchi, in quanto il male è incapace di generare e di creare, ma deforma e la nobiltà degli elfi sembra essere sempre soggetta a questa deformazione, nel passare degli anni. E questa deformazione si riversa anche nell’ambiente in cui vivono. La tipologia abitativa che Tolkien sceglie per gli elfi è certamente la villa. La simbolica della villa elfica, infatti, è nella commistione fra costruito e ambiente naturale, fra un’architettura che richiama i movimenti e gli andamenti della natura e le foreste o i fiumi con il loro scorrere. Le abitazioni degli elfi non deformano l’ambiente ma ne seguono l’andamento, attraverso scale, terrazzamenti, sottili e raffinate architetture che connettono il naturale e l’artificiale. Il tutto, che potremmo riassumere con il concetto di villa, è eco di quel delicato, sottile, profondo e costante rapporto fra l’ambiente antropico e l’ambiente rurale. Uno stile ecologico continuamente in armonia e continuamente in ricerca dell’armonia. Un alto lignaggio, una casa nobile, un riflesso di quanto ci sia di più alto e spirituale nell’essere umano nella relazione fra ciò che costruisce e l’ambiente in cui si trova. Una continua ricerca dell’armonia tesa fra il rischio di una deformazione e di una malattia che avvelena l’ambiente e l’anima da una parte e il desiderio della terra d’origine, di un paradiso perduto e continuamente ricercato nell’architettura dell’abitare. Un’architettura, dunque, che rivela la nobiltà interiore non nella pomposità o nell’occupazione di spazi, ma in un tessuto armonico, capace di ascoltare il territorio e di innestarsi su di esso, fra natura e cultura, vigilando che il male che portiamo dentro non lo deformi.