Gentrification: il centro storico come tempo sospeso
Una città, come abbiamo più volte affermato, non è solo un centro abitato o un nucleo residenziale, ma un riflesso dell’umano. Riflesso che diviene riflessione, anche e il più delle volte critica in termini non di diniego o di giudizi qualunquisti sulle città, ma in termini dialettici e trasformativi. Se vogliamo parlare di città è perché vogliamo capire non solo ciò che ci circonda, ma anche noi stessi. Affrontare quelle dimensioni oscure, quelle voci e quelle luci dentro di noi che non brillano e non fanno rumore, per poterle riconoscere e affrontare. Per questo ogni analisi dell’essere umano e dell’urbano, non può non confrontarsi con la complessità. La città non è qualcosa di semplice o che si può semplificare. Anzi, la maggior parte delle volte, le semplificazioni smart della città sono frutto di complessi algoritmi fuori dalla nostra comprensione. Per questo, la semplificazione della città, come della quotidianità è solo frutto di una complessità ancora maggiore. Oltre, poi, a questo tipo di complessità ce anche quella di una interrelazione fra tutti gli esseri viventi, di un equilibrio che instauriamo non solo con noi stessi ma anche con tutto ciò che, di vivente, c’è intorno a noi. Da questa complessità nasce l’idea di territorio. Un territorio, infatti, prima ancora di essere uno spazio di governo è lo spazio in cui la cultura ha dato forma alla terra attraverso il tempo. Un territorio non è la singola città, ma le relazioni e interrelazioni complesse fra città e campagna, fra città e altre città, fra città e ambiente sociale, fra città e tempo storico, fra città e ambiente naturale. Insomma, una serie di complessità, di reti interrelazionali e intrarelazionali che esprime chi siamo. Il territorio, dunque, dice chi sono e dicendo chi sono, mi dice anche della mia posizione locale, del mio essere locale. Tuttavia, la località, questione già territorialmente complessa, non rimane solo tale ma si interfaccia e interagisce con il mondo globale, con gli stili e le tendenze complesse delle relazioni con il mondo e nel mondo. Fra locale e globale sussiste una dialettica che restituisce al territorio una nuova forma. È questo il caso della gentrification dei centri storici. Da essere luoghi in cui collocare le persone meno abbienti, luoghi adibiti a case popolari o utili per sopperire l’emergenza abitativa, i centri storici si presentano come una grande vetrina della città, come il luogo del passeggio, della movida, del turismo. In questo processo di messa in vetrina della città, ecco che il centro storico diviene il fulcro dei legami fra il territorio locale e le tendenze globali, fra la recezione turistica e la prestazione di servizi. In questo senso, dunque, i centri storici vivono di una dialettica fra opportunità e problemi, fra occasioni di riqualificazione e pericoli legati alla criminalità. Vivono, insomma, di un tempo sospeso non in cui non si fa nulla, ma in cui lo spazio stesso del centro storico è di sospensione fra ciò che è stato e ciò che si vuole far vedere. Una sospensione storico-artistica fatta di conservazione e valorizzazione da una parte, e dall’altra una sospensione della routine e dalla quotidianità. Un tempo sospeso che diviene tempo consumabile e spendibile.