Folie à deux: Joker e la doppiezza degli spazi istituzionali
Da qualche mese, ormai, è stato distribuito nelle sale cinematografiche il secondo appuntamento con il Joker di Todd Philips, Joker: folie à deux. Un film estremamente discusso e dibattuto, soprattutto per il fatto di non essersi catalogato né come film né come musical, ma in una zona ibrida che ha lasciato molti critici di stucco. Eppure, dalla nostra umile prospettiva di filosofia urbana, il film sembra aver nuovamente suscitato interesse in quanto mette in evidenza il binomio fra Arkham e Gotham, l’uno l’altra faccia della medaglia dell’altro. Infatti, nessun altro monumento o elemento si ricorda nella città di Gotham come l’edificio di Arkham, zona di terrore e di follia, di criminalità e di tortura. Arkham è una zona in cui non solo si consuma l’umanità stretta nel logorio fra pazzia e criminalità, ma anche tutta la violenza di cui l’istituzione è capace. Detenuti trattati come bambini, messi in riga da una forza coercitiva e sadica che reitera la colpa come anche la pena, per cui i poliziotti chiedono continuamente ad Arthur Fleck di raccontare una barzelletta, a ricordo della battuta del Joker prima di uccidere Murray Franklin. Oppure il costante ricordo dell’ottenere quello che meriti, altra definizione che ha utilizzato Fleck prima di commettere quel gesto efferato che lo ha condotto alla ribalta. Una reiterazione di una memoria del delitto e della violenza che diviene violenza essa stessa, abuso di potere e autoritarismo all’interno delle mura di Arkham, in cui tutto è permesso ai poliziotti e niente è concesso ai detenuti. E se nell’edificio di Arkham si attuano delle pratiche che determinano regole e comportamenti sia istituzionali sia informali da parte delle guardie per avvalorare il loro potere, fuori dal manicomio criminale, il solo luogo che conta è l’aula di tribunale, quasi il solo luogo visitato da FlecK durante tutto il film. Una città che passa attraverso luoghi e spazi dell’istituzione che tutela e giustifica se stessa, che alimenta il proprio potere senza minimamente interrogarsi sulle cause che hanno portato una persona a diventare Joker. Perché la peculiarità di Fleck è di essere una persona come tutti noi, un uomo che incontri per strada e di cui neanche ti accorgi, un invisibile che emerge solo nel gesto violento, solo nell’atto brutale. Solo in quel momento, Fleck diventa qualcuno, diventa Joker. E quella maschera si dipinge su di lui fino a non staccarsi più, perché al mondo non interessano neanche le cause del transito da Fleck a Joker, ma solo il Joker, il personaggio violento che tutti vorremmo essere e che non abbiamo mai il coraggio di diventare. Un Joker violento e solitario, creatura colorata e dannata, che scorre per la città senza pace, in primo piano e invisibile a tutti.