Desolation row, un progetto di ricerca

Desolation row, un progetto di ricerca

26 Gennaio 2025 2 di Makovec

Spesso tradotto con Via della povertà, Desolation row è una delle più celebri canzoni di Bob Dylan del 1965. Tradotta in italiano nelle versioni di Fabrizio de André e di Francesco de Gregori, Desolation row, tuttavia, non è esattamente Via della povertà quanto Vicolo della desolazione. È una lettura di personaggi che vivono per le strade della grande metropoli. Non sono persone cattive o semplicemente povere, ma persone che vivono nella desolazione, in una perdita di speranza e in un continuo andare e venire per le strade, in cerca non di vita ma di sopravvivenza. Da Cenerentola che ricorda Bett Davis, passando per i marinai, fino ad Einstein travestito da ubriacone, sono tutte persone perfettamente sconosciute, storie che si nascondono dietro personaggi più famosi o storie inventate. Sono persone che fanno fatica a sopravvivere all’interno della città, che non sono abbastanza povere da essere assistite dallo Stato e neanche così ricche da poter passare una vita nel benessere. Sono persone nella media, che non fanno la Grande Storia, ma che attraversano i volti della città con i loro mille problemi in testa, con le loro ansie e frustrazioni, con il peso di relazioni interrotte o il carico di figli e figlie che non riescono a realizzarsi. Sono queste le persone che costellano la Desolation row. Non il boulevard delle grandi città, non le strade ad alto scorrimento, non le vie delle vetrine e della gentrification. Ma sono le persone delle strade dense, delle zone consolidate della città, che non possono permettersi né il ricco centro storico né l’altolocata periferia. Sono persone che nessuno conosce e che quasi nessuno ricorda, eppure sono la grande maggioranza delle persone che abitano le nostre città e di cui la politica non si preoccupa, così troppo indaffarata nei piccoli e angusti interessi privati o sballottata da chi crede che la città sia semplicemente una sua proprietà in cui poter fare i propri interessi, anche oltre le leggi e i regolamenti. Sono quelle persone che subiscono la città, che subiscono i cambiamenti, che subiscono gli interessi dei costruttori, delle scelte errate di una politica precedente che non ha ritenuto giusto e degno neanche avere un piccolo alberello per migliorare la qualità della vita. Sono quelle persone che tollerano una via bloccata per lavori, che si vedono costruire palazzi belli e innovativi mentre loro sono costretti a vivere in una casa che non riesce neanche a prendere luce dalla finestra per quanto è costruita dirimpetto all’altra. Ecco, allora, che la desolazione non è la povertà materiale ma quelle forme di relazione fra umano e urbano, fra topos e tropos, fra essere umano e spazio vitale che non offre speranze, idee, stimoli, motivazioni per andare avanti, come neanche bellezza e qualità dell’abitare ma solo piccoli interessi miopi e privati che degradano la vita stessa. Desolation row, nonostante sia tutto questo, è anche un luogo di resistenza, un luogo in cui prendere la parola e iniziare a raccontare la vita autentica, reale, concreta di queste persone. Tutta questa gente di cui parli, la conosco sono abbastanza anonimi ho dovuto riordinare le loro facce, e dare loro un altro nome, adesso non riesco a leggere bene, non mandarmi altre lettere, no a meno che tu non le spedisca, dal vicolo della desolazione. E la nostra filosofia urbana vuole essere anche questo spazio di resistenza, in cui prendere la parola e raccontare queste storie, riunendo i fili di una umanità che vive nelle nostre città, nei luoghi più anonimi e desolati. Nella speranza che questi racconti possano aiutare altre persone, possano emergere nelle narrazioni sociali e politiche, per poter intraprendere prassi nuove dell’abitare e immaginare le nostre città.