Città e arte contemporanea: dialettiche dell’anima
Riprendendo il nesso fra arte e città, vogliamo continuare la nostra riflessione ponendo un ulteriore prospettiva, ovvero l’arte contemporanea. Sempre più vaporosa e relegata a specialisti del settore per la sua incomprensibilità, l’arte contemporanea si rivela essere complessa e, al tempo stesso, in dialogo con la città in cui si va realizzando. Se, come dicevano, l’anima della città è un principio organizzatore della città sempre in movimento, è anche perché le città continuano ad intessere un rapporto con l’arte di oggi. Luoghi che vengono scelti come veri e proprio hub di esposizione e pensiero per l’arte contemporanea come Palazzo Strozzi a Firenze o il MAMBo di Bologna, oppure eventi come le Biennali di Venezia o le Triennali di Milano, solo per rimanere nell’ambito italiano, cercando di creare nuove sperimentazioni ed esposizioni di temi e di idee. La questione, dunque, che si pone è quanto queste opere, poi, sappiano davvero dialogare con la città, con i cittadini e con i turisti. Dal momento che l’arte contemporanea risulta sempre più di difficile comprensione, il rischio è sempre quello che rimanga al chiuso, in un museo come in una classe sociale di intenditori. Non che l’arte segua i gusti della maggioranza o le ultime tendenze del momento, ma essa si rivela anche come gesto di apertura, di critica, di divergenza rispetto al contesto in cui si trova. Per questo motivo, la relazione fra città e arte contemporanea risulta essere molto più dialettica di quanto sembri. Prima di tutto perché l’arte tenta sempre più di uscire dai musei, di attraversare lo spazio urbano con cui creare anche delle rotture, a volte eccentriche a volte di aperta denuncia. Dall’altra parte perché l’arte contemporanea ha bisogno, il più delle volte, di un apparato descrittivo ed ermeneutico non di poco conto. La complessa relazione, dunque, fra arte contemporanea e città non riguarda dunque solo il gusto personale ma è rivelativa di uno spazio urbano che si rimette costantemente in gioco, di uno spazio urbano dato una volta per tutte ma costantemente rimodellato attraverso l’arte, in una possibilità di guardarlo e di concepire gli spazi in maniera alta. Ciò che ci interessa sottolineare, infine, è come la complessità dialettica fra arte contemporanea e città ci aiuti non solo a cogliere l’anima della città attraverso le epoche passate, ma come essa sia ancora vispa e vivente.
Quale è il fine dell’Arte?
Indagare il metafisico in quella dimensione che definiamo Bellezza. Una dimensione ampia , sfaccettata e diversificata.
Nel momento in cui la societa’ occidentale contemporanea , consumista e capitalista, fa a meno della metafisica, cosa rimane dell’Arte? Rimane il divenire uno strumento per produrre economia.
Se Kant pone come condizione della bellezza l’assenza di finalità materiali, nel rapporto arte-luoghi urbani c’e’ qualcosa da chiarire.
Quello che si avverte negli ultimi tempi e’ che la politica spinge e promuove nelle città’ le iniziative artistiche col fine esplicito di aumentarne il giro d’affari turistico. L’interesse ad accrescere la cultura metafisica delle comunità (che significa gusto, etica , pensiero) e’ secondario o nei propositi di pochi.
Laddove le iniziative artistiche riescono davvero a smuovere le cosienze , la inevitabile controreazione del potere sarà sedare. E’ inevitabile perché vi e’ una costitutivw contraddizione fra Arte e Potere.
L’ Arte ansima per esplorare le infinite possibilità. Il potere lotta per conservarsi.
Quello che l’ Arte può provare a fare, o cerca di fare, transitoriamente , nel nostro presente, per cercare di recuperare la sua originaria dimensione finalistica e’ cavalcare l’onda del materialismo committente , liberando nel cielo buio di una umanità accecata dal denaro , lucciole che rinnovino riflessi di invisibile.