Ballare in Puglia e danzare la vita
Nel 2008, quando la Puglia iniziava a conoscere i primordi di quel boom turistico che oggi la rende celebre in tutto il mondo, Caparezza ha scritto e pubblicato uno dei suoi maggiori capolavori, ancora oggi incoscientemente incompreso, Vieni a ballare in Puglia. Ancora oggi un tormentone estivo o da feste dai risultati raccapriccianti quando si è consapevoli che ballare altro non significa che morire. Il gioco messo in scena da Caparezza riguarda proprio una Puglia da vetrina e da cartolina che nasconde sotto il tappeto la diossina dell’Ilva del tarantino o i rumeni ammassati nei bugigattoli come pelati barattoli del caporalato foggiano. Problemi sociali e politici che si mescolano ad una storia e ad un pensiero meridiano che reclama dignità e redenzione come anche a culture differenti che rispecchiano la coscienza dell’abitare in un luogo. Le politiche di turismo in Puglia hanno lavorato molto in una direzione di rispetto dell’ambiente, della qualità locale, del prodotto di prossimità e dell’alimentazione genuina, tanto che molte persone che giungono in Puglia si meravigliano non solo del cibo ma anche del paesaggio, dei legami di prossimità che ancora reggono. Tuttavia, a questa dimensione di turismo a scala locale, si affianca anche una mentalità estrattiva del turismo, per cui colui che arriva in Puglia, come in altre zone turistiche, è colui che porta soldi, che crea indotto, che si deve “spennare” il più possibile. Insomma, colui che, se paga, può permettersi tutto in vacanza, anche rovinare e devastare territori e paesaggi con la complicità degli operatori locali. Ed è qui che le parole di Caparezza possono venirci incontro non per distruggere il turismo, ma per vivere l’esperienza turistica in un’altra dimensione, in una consapevolezza dei luoghi, delle politiche, dei tessuti sociali che caratterizzano un luogo. Un turista che possa vivere esperienze di ricerca sul campo, di racconti del territorio, di esperienze virtuose, di inclusione come anche di denuncia delle ingiustizie, dall’utilizzo di droghe al racket delle estorsioni, dal caporalato all’inquinamento ambientale, dallo sfruttamento lavorativo di camerieri e bagnini alla piaga degli affitti brevi. Essere consapevoli dell’impatto turistico che sconvolge un luogo, non solo da parte dei turisti ma soprattutto dei cittadini e degli abitanti locali. Un modo di fare turismo che faccia conoscere per davvero la profondità culturale e lo spessore storico dei luoghi sapendo che c’è tanta gente che si impegna per tutelare il patrimonio, per includere persone, per creare dialogo e ponti di pace. Una Puglia in cui non solo ci si sballa, ma anche si balla di morte, ma soprattutto in cui ci sono persone che sanno ancora, come ricorda Roger Garaudy, danzare la vita.
Questo commento magistrale capita il giorno successivo all notte della taranta: un’orgia di musica lontana dal significato originario della musica ossessiva che accompagnava le contorsioni delle/dei tarantolati. La manifestazione di ieri è l’ennesima riprova di una mercificazione delle nostre tradizioni culturali.