Architettura di Sapienza

Architettura di Sapienza

4 Gennaio 2025 0 di Makovec

Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18

In questa domenica torna e ritorna spesso il tema della Sapienza divina. Dalla Parola contenuta in Siracide, per giungere a Paolo, fino al dispiegamento del mistero dell’incarnazione nel Prologo giovanneo, tutto ci racconta della Sapienza di Dio. E della Sapienza, nel corso della Tradizione ecclesiale, si sono dette tante e tante cose che, in questo giorno, ci sembra difficile riprendere tutte. Per utilizzare, però, un’immagine che ci riporta alla Sapienza o, meglio una architettura della Sapienza, possiamo rivolgerci alla Basilica di Santa Sofia ad Istanbul. Oggi divenuta mosche, Santa Sofia è una delle prime chiese cristiane costruite e, in modo particolare, la prima che riprende il carattere della cupola, già presente nel mondo latino. Nell’architettura di Santa Sofia, infatti, la particolarità è proprio la cupola, immensa per larghezza e altezza secondo i canoni dell’epoca. non si era mai tentato con 30 metri di larghezza e 55 di altezza. Una costruzione imponente che, tuttavia, sembra galleggiare sulla luce. Infatti, la bellezza e la maestosità di Santa Sofia ci viene offerta dalla presenza della luce. Tutta l’architettura di Santa Sofia ad Istanbul, eco dell’architettura della Sofia divina che ritroviamo nella Parola, è una architettura di luce. Quella luce che, come ci ricorda Giovanni, viene nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Quella luce che è nel principio e che rivela il Logos, il Verbo di Dio, Gesù Cristo. Quella luce che è sapienza a cui siamo chiamati, verso cui tendiamo e a cui veniamo. Non è un caso, infatti, che il nascere sia un venire alla luce. La Sapienza si rivela come luce, sia nelle architetture di Santa Sofia, ma anche nell’architettura della nostra esistenza. In quei momenti, in quei ricordi luminosi, in quegli attimi in cui abbiamo sentito che la vita splendeva, che eravamo felici o in cui siamo felici. Una molteplicità di eventi, ricordi, scritti, parole, volti di cui la Sapienza ci aiuta a fare sintesi, che ci aiuta a tenere insieme. Uno sguardo sapienziale sulla vita, una architettura della sapienza, consiste nel tenere insieme tutto ciò che abbiamo vissuto, tutto ciò che di bello c’è nella nostra esistenza. Anche se ora non riusciamo a scorgere la luce, sappiamo che la Sapienza viene a mettere la radici in mezzo a noi, che la Sapienza costruisce la sua tenda in mezzo a noi nei momenti di maggior splendore. E i momenti di maggior splendore, come ci ricorda il Siracide, non sono quelli vissuti in isolamento o nella solitudine, ma nell’assemblea, nella comunione, nell’ecclesia, con le altre persone. Ecco, allora, come la cupola di Santa Sofia, ci ricorda che la felicità, lo splendore della luce è possibile incontrarlo quando ci collochiamo tutti insieme, come comunità sotto la cupola, simbolo del cielo stesso, quando riconosciamo che la felicità non è un traguardo individuale ma una condizione comunitaria, una condizione condivisa. Ecco perché la Sapienza prende dimora nella città, Celebra il Signore, Gerusalemme, loda il tuo Dio, Sion, perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. Dove la Gerusalemme del Siracide e del Salmo non è solo la città fisica, ma il luogo in cui dimora la Sapienza. Quella stessa sapienza che ci permette di conoscere il mistero di Dio, che ci permette di cercare, sondare, indagare il mistero divino senza comprenderlo, senza pensare che possa essere risolto una volta per tutte. Il mistero divino, come ci ricorda Paolo, è tale in quanto è un Dio vivo, in quanto Dio è il Vivente che ci ha scelto fin dalla creazione del mondo, fin dalle origini, fin dal principio, prima ancora della nostra nascita nel tempo. Quella scelta che rivela l’incarnazione del Logos nella storia come anche nella nostra vita. Quella incarnazione che possiamo riconoscere solo nell’amore. Ed è nella domanda d’amore che si sviluppa la Sapienza raccontata nel Prologo di Giovanni. Nel Prologo in cui riconosciamo che la luce viene nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta, ma che quella luce è la vita vera, quella vita che non possiamo racchiudere solo nei battiti del cuore, nella degradazione fisica del nostro corpo, solo nelle ore che passano o in chi abbiamo perso. Ma una vita che esige, che pulsa, che desidera e che va oltre la cifra del finito, per aprirsi al mistero profondo della generazione divina, che non da sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E l’architettura della Sapienza si rivela pienamente in quel Logos che si è fatto carne, e che è venuto ad abitare in mezzo a noi. Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Gloria che assume la forma di una architettura di luce nella nostra vita, rendendola dimora di Sapienza in mezzo agli altri esseri umani.