Anarchia e città: il caso del Rettifilo
Durante degli studi sul Movimento Anarchico in Italia e, in particolare, nel Mezzogiorno, ho cercato degli avvenimenti locali che potessero tradurre una celebre frase di Michail Bakunin: la rivoluzione è, insieme, passione distruttrice e creatrice. Fino a quando rimaniamo sul terreno dell’utopia politica, questa frase sembra risuonare come uno slogan rivoluzionario per adolescenti e giovani. Eppure, guardando agli avvenimenti della mia città natale, ho compreso cosa volesse dire Bakunin in un evento accaduto il 15 febbraio del 1921. Nella città di Bisceglie, nella zona del centro, c’è una via che oggi è intitolata ad Aldo Moro ma meglio conosciuta come il Rettifilo. Si tratta di una via che, per la sua storia, lega i movimenti dei lavoratori e dei contadini fra fine Ottocento e inizi del Novecento allo sviluppo urbanistico della città. Via Aldo Moro, oggi, è una strada, in parte pedonale, che collega la centrale piazzetta di san Francesco d’Assisi con la stazione ferroviaria. Una strada che, in gergo, viene chiamata Rettifilo in quanto tracciata in linea retta prima nella città e poi sulle mappe. Prima del 1921, fra il centro città e la stazione ferroviaria c’era un grande giardino privato, di proprietà di una ricca famiglia locale. Si trattava di una proprietà che non permetteva l’accesso diretto dal centro città alla stazione ferroviaria, costringendo i commercianti, i lavoratori, gli operai e i contadini a fare un lungo giro intorno alla proprietà per giungere dal centro alla stazione e viceversa. L’amministrazione comunale aveva già pensato di aprire una strada all’interno della proprietà privata della locale famiglia benestante, la quale si oppose continuamente al progetto. Così, dopo una lunga fase organizzativa, la Lega locale dei contadini, nella notte del 15 febbraio 1921, decisero di abbattere i muri di recinzione della proprietà, di sradicare gli alberi e di spianare una strada dritta, che congiungesse il centro con la stazione, il Rettifilo, appunto. Trecento fra contadini e operai che, nottetempo, completarono il tracciato della strada al punto che non si poté fare più nulla e i proprietari furono costretti ad accettare il nuovo tracciato. Anche perché i terreni ai lati della via subirono un innalzamento dei prezzi, in quanto divenuti edificabili. Fra gli organizzatori dell’atto c’erano anche alcuni anarchici. Ecco, allora, come il programma politico anarchico se, a livello universale, rimane e rimarrà sempre inattuato e inattuabile, tuttavia vive e si diffonde in questi piccoli episodi locali, dove la distruzione di muri e recinzioni è divenuta anche costruzione di una nuova via, apertura di strade nuove. Interventi non solo di rigenerazione urbana ma di elaborazione della città ad opera dei cittadini stessi, i quali si rendono conto che la politica non è solo la delega del potere a qualcuno, ma impegno per la propria città, insieme ad altri. Se non per distruggere completamente la civiltà borghese, almeno per costruire strade nuove, lì dove ci si trova.
Bravo Matteo!!
Molto interessante!!
Ad malora!!
Che bello , conoscere gli origini dei luoghi è sempre un bel tuffo nel passato!
Complimenti per l’interessante ricerca.