Gestione dei rifiuti: un fattore culturale
La gestione dei rifiuti è uno dei temi caldi di ogni città. La capacità di gestire i rifiuti, dall’efficienza della raccolta alla possibilità di smaltimento è una realtà complessa presente sull’agenda di ogni amministrazione ad ogni livello: comunale, provinciale, regionale. Alla gestione dei rifiuti, tuttavia, non è legata semplicemente una dimensione strategica, ma culturale. Siamo soliti pensare ai rifiuti come semplicemente qualcosa da smaltire, come un problema quasi quotidiano dell’amministrazione di una città. Eppure, se guardiamo ai sistemi di raccolta e alla gestione dei rifiuti ci accorgiamo che c’è stato un cambiamento importante non solo nelle strategie di raccolta o nella gestione ma nel considerare cosa sia un rifiuto. Fino a vent’anni fa pensavamo che i rifiuti fossero elementi in grado di scomparire dalle nostre case. Buttare qualcosa nella spazzatura significava (e forse significa tutt’ora) che quell’oggetto scomparisse dopo il suo utilizzo, che non fosse più presente nelle nostre case. Il falso mito del rifiuto, infatti, consiste nella certezza inconscia che esso svanisca nel nulla per il solo fatto di non essere più presente nelle nostre case. Allora, se il rifiuto è la riduzione a niente di qualsiasi oggetto, tutto può diventare rifiuto, tutto può essere considerato rifiuto. Pian piano, partendo da una considerazione culturale, ci siamo accorti che il rifiuto non è la riduzione a nulla di un oggetto, ma una differente interpretazione di ciò che è l’oggetto stesso che vogliamo buttare. Il rifiuto è diventato qualcosa di ingombrante, qualcosa che minaccia la nostra stessa sopravvivenza sul pianeta. Ci siamo accorti, insomma, che gli oggetti che buttiamo non svaniscono nel nulla ma si conservano da qualche parte, che hanno bisogno di essere gestiti e riconsiderati in maniera differente. Questo cambio di paradigma culturale ha comportato una differenza a livello strategico con raccolta differenziata dei rifiuti, con una gestione differente a seconda del territorio, con la possibilità di smaltimento corretto e meno impattante sul territorio. Siamo entrati e, per certi versi, ci occorre ancora entrare, in una considerazione differente del rifiuto, in un approccio eco-sistemico della sua gestione, per cui il rifiuto che pensavamo scomparisse all’interno del bidone dell’immondizia, ci torna indietro in termini di tumori, di inquinamento ambientale, di qualità dell’aria, dell’acqua, del terreno. Un lavoro che ha ancora bisogno di intersecare l’immaginario collettivo e i vari tabù legati ai rifiuti. Ricordo che in un quartiere in cui l’amministrazione avrebbe voluto costruire un centro di raccolta dei rifiuti, c’è stata una petizione e una raccolta firme per bloccare la costruzione dell’impianto. Il lavoro di informazione fatto da una associazione del territorio è stato nel paragonare un centro di raccolta dei rifiuti con una discarica, fomentando un immaginario collettivo legato al degrado. Ora, in quella zona ancora vuota, non verrà un centro di raccolta dei rifiuti ma un grande palazzo condominiale e le buste dei rifiuti saranno ancora disperse nell’agro urbano e nelle strade. La gestione e lo smaltimento dei rifiuti ha ancora bisogno di un lungo lavorio culturale, di una corretta informazione, nella consapevolezza della gestione del rifiuto urbano non da parte dell’amministrazione ma di ogni cittadino. Per non rischiare di vivere in un mondo dove ci sono più rifiuti che esseri umani.