La camera oscura: cristallizzare la vita
In un suo recente articolo pubblicato per la rivista di filosofia Aut Aut, Raoul Kirchmayr affronta la relazione di SChopenauer con l’arte e la realtà. Sappiamo come per Schopenauer la realtà sia un velo sotto cui è presente una volontà di potenza che governa ogni elemento della vita. Una vita che fugge e sfugge a qualsiasi rappresentazione, una volontà che attraversa tutto ciò che vive e si garantisce una certa continuità della vita attraverso le vite degli esseri viventi. Siamo, in buona sostanza, essere viventi nella misura in cui cresce in noi una volontà di vivere, in cui riconosciamo dentro di noi una volontà di potenza che eccede il senso che noi stessi possiamo offrire della vita. Ed è proprio fra la una volontà di potenza che sfugge a qualsiasi forma e l’esistenza del soggetto che vive qui ed ora che si situa la camera oscura. Nelle nostre precedenti riflessioni abbiamo affrontato la questione della camera, ponendo un’interpretazione differente rispetto alla stanza. Camera, infatti, non è solo uno spazio delimitato da quattro mura ma esercita sul soggetto che la abita una influenza propria, un flusso che penetra nella sua coscienza contribuendone, in qualche modo, alla modifica. Modificazioni del flusso di coscienza che possono contribuire a costruire la coscienza stessa oppure a decostruire o, ancora, a demolire completamente la coscienza. Ebbene, continuando in questa riflessione fra la relazione soggetto e camera, Schopenauer ci pone una interessante visione su la camera oscura. Seguendo la lettura di Kirchmayr della Camera oscura di Schopenauer, il soggetto non è semplicemente l’esecutore passivo della volontà cieca della propria auto sussistenza, ma è colui che è capace di imbrigliare, di cristallizzare la vita attraverso una forma specifica, una forma tutta sua, una forma particolare. Questa forma è ciò che Schopenauer pone come arte. L’arte, dunque, non è solo un’operazione tecnica, ma la possibilità dell’essere umano di cristallizzare la vita, di fermare in un fotogramma la volontà di potenza e di interpretarla. La camera oscura, dunque, è il luogo dove il soggetto non solo si rifugia o di cui subisce gli influssi, ma anche il luogo dove può cristallizzare la propria esistenza, cristallizzare la volontà di potenza, sempre sfuggente e informe. Camera, allora, è il luogo dove l’invisibile delle forze che spingono ciascuno di noi a vivere diviene visibile, diviene punto di osservazione del soggetto su se stesso, capacità di riflettere sulla volontà di potenza che attraversa ciascuna persona e che si condensa in un punto, nell’oscurità della propria camera. È lì che, a sera, nella notte dell’esistenza, nel silenzio e nella solitudine, proviamo a cristallizzare la vita, in una forma densa di significato.