Luoghi, influenze e terrore
Per la rivista SpaesaMenti di Treccani, Andrea Martina ha scritto un interessante articolo suoi luoghi cinematografici della follia. Dalla stanza 237 dell’Overlook Hotel di Shining, fino a giungere al motel di Psycho, passando per il manicomio di Qualcuno volò sul nido del cuculo, Martina si sofferma su luoghi che hanno condizionato non solo i protagonisti dei film, ma che sono diventati essi stessi personaggi. Luoghi, insomma, che non costituiscono solo lo sfondo paesaggistico per lo svolgimento della trama, ma che si animano, che diventano protagonisti della trama stessa. In modo particolare in Psycho e in Shining, il luogo non è solo uno spazio, ma l’influsso che esercita sui protagonisti. In Psycho, il luogo in cui si svolge la trama è un motel ormai abbandonato, mentre il vero trauma dell’assassino è nascosto nello scantinato dell’abitazione accanto. Una discrasia dei luoghi indicativa della doppia personalità di Norman Bates il serial killer protagonista del film . Da una parte un motel in cui una giovane donna si ferma per la notte e dall’altra una stanza che racconta della doppia personalità del protagonista, in un altrove che raffigura la sua scissione interiore. Se, tuttavia, in Psycho ritroviamo una scissione spaziale delle stanze, in Shining sussiste, invece, una scissione temporale. Il protagonista tenta di fare a pezzi la sua famiglia, esattamente come aveva fatto anni prima il precedente guardiano. Anche in questo caso si tratta di un motel totalmente isolato dal mondo, in pieno inverno. Jack Torrance, ex professore e scrittore di romanzi con problemi di alcolismo, inizia a manifestare segni di squilibrio, fino a desiderare di uccidere tutta la sua famiglia, emulando le azioni del precedente guardiano. La stanza 237 dell’Overlook Hotel, insomma, si trasforma nel luogo labirintico di una trama che si ripete, tanto che il luogo esercita un influsso malevolo sul protagonista del film. Il luogo influenza il protagonista attraverso una trama di ripetizione rituale di ciò che era già accaduto, una ripetizione che ritrova l’orrendo non tanto nel gesto e nell’omicidio, quanto nella influenza stessa che possono avere i luoghi sulla coscienza delle persone. Forse, ciò che maggiormente ci terrorizza sia nello Psycho di Hitchcock sia nello Shining di Kubrick non è il gusto del macabro, quanto la possibilità che un luogo possa mischiarsi con la nostra coscienza, fino alla follia. Ed è sulla follia che si concentra l’ultimo luogo preso in esame da Andrea Martina: il manicomio di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Manicomio che non solo influenza la vita delle persone che ci si trovano all’interno, ma che diviene protagonista esso stesso della narrazione. Fino a quando lo spazio controllato, asettico, carcerario del manicomio viene infranto e il finale coincide con la rottura dello spazio stesso, del luogo. Spazi che influiscono, spazi controllati da cui fuoriuscire, camere di motel e labirinti mentali, luoghi in cui siamo.
Matteo, secondo te, la maniaca mitizzazione che noi architetti abbiamo per gli spazi dei grandi architetti della storia recente e passata, spazi che magari agli occhi di un uomo comune non dicono nulla, e’ segno di primi sintomi di schizofrenia?
A volte penso che per me sia cosi’ e mi preoccupo.
Ovviamente scherzo😂
Grazie e Buona Domenica.
Se te lo dico non ci credi. In questo periodo sto proprio leggendo Shining sul Kindle. Sono a un terzo del libro, giusto nella pagina in cui quel piccolo birbante di Danny Torrance sapessi che prurito irresistibile ha tra le mani! Quella voglia matta di aprire la stanza 237. Giuro che non scherzo. Sono sincronie spazio temporali singolari. Per dirla alla Lucarelli: paura, eh?