Gli Hobbit: la casa e la genetica nomadica
Una popolazione tutta particolare della Terra di Mezzo è costituita dagli Hobbit. Una popolazione da cui Tolkien preleva, quasi in maniera inaspettata, i principali protagonisti dei suoi racconti. Se ci fossimo aspettati, come nella maggior parte dei racconti fantasy, che il protagonista fosse o un grande condottiero o un uomo comune con tanti difetti, un eroe o un antieroe, Tolkien sceglie come protagonista i mezzuomini. Sia per quanto riguarda la narrazione de Lo Hobbit sia per quanto riguarda la trilogia de Il Signore degli anelli, il protagonista è Bilbo Baggins e Frodo Baggins, due gobbi che si ritrovano catapultati nelle vicende della Terra di Mezzo e in questioni molto più grandi di loro. Eppure, stando a quello che afferma Gandalf, lo stregone della Terra di Mezzo, grande amico degli Hobbit: che sono le piccole cose che tengono sotto scacco il male, le azioni quotidiane della gente comune. Gli Hobbit, infatti, nella simbolica di Tolkien sono la rappresentazione della gente comune. Non sono grandi eroi, non sono grandi condottieri, non sono persone importanti, anzi è una popolazione che vive pacifica e lontana dai problemi della Terra di Mezzo. Una contrapposizione al potere del male non con un ulteriore grande e maestoso potere, ma con la piccolezza, con la debolezza, con la costanza quotidiana. Gli Hobbit del mondo di Tolkien sono l’immagine dei piccoli, dei poveri in spirito, dei semplici, dei miti di cui parla il Vangelo. Sono coloro che, proprio perché sono piccoli, possono portare su di sé il male senza potenziare i suoi effetti, subendolo senza piegarsi ad esso. Ed è proprio in virtù di questa loro piccolezza che la loro forma abitativa è la casa. Nelle narrazioni di Tolkien, ogni viaggio inizia dalla casa degli Hobbit, in modo particolare da casa Baggins. Dove la piccola casa è situata all’interno del piccolo villaggio, il che se da una parte riecheggia l’umiltà della popolazione dei mezzuomini, dall’altra è anche simbolo di una zona di comfort, di un rifugio sicuro che si fa fatica a lasciare. Casa è il segno della comfort zone, la quale rischia di diventare una gabbia in cui star bene con se stessi e solo con se stessi. Il caso emblematico è costituito da Bilbo Baggins che, prima del suo centounesimo compleanno, si barrica in casa non volendo incontrare nessuno. Casa è un luogo di rifugio, ma anche il punto da cui partire, da cui iniziare il viaggio, l’utero materno da lasciare pena il morire. E se la casa richiama la condizione di stabilità, il villaggio la piccolezza dell’abitare, l’immaginario legato agli Hobbit è radicato in una preistoria nomadica. Dalla serie televisiva, gli antenati degli Hobbit sono i Pelopiedi, un popolo nomade, con case instabili. E sarà proprio questo che salva gli Hobbit, e noi, dalla stanzialità di una casa che rischia di diventare una trappola solitaria. Una genetica nomadica in una stabilità domestica: capacità di abitare una casa e di saperla anche lasciare, per incontrare il mondo.