Città e cittadinanza: una politica responsabile
Il concetto di cittadinanza, per come lo conosciamo oggi, non nasce con le città. Se l’origine delle città è millenaria, il cittadino per come lo conosciamo (o lo conoscevamo) nasce in epoca relativamente recente. Infatti, l’idea del cittadino è legata non semplicemente all’abitante o al residente della città, ma a colui che ha diritti e doveri all’interno della città stessa. Il cittadino nasce con il sorgere della Rivoluzione francese, con l’avvento dello Stato di diritto, per cui ogni individuo è tale non in relazione alla discendenza o alla ricchezza, ma in quanto dotato di diritti e di doveri. Di qui deriva la parente stretta del cittadino, ovvero la cittadinanza. Dove per cittadinanza si indicano quegli individui che fanno parte o che entrano a far parte dello Stato attraverso determinati diritti e doveri, alla pari con tutti gli altri cittadini e cittadine. Tuttavia, se da un punto di vista giuridico, la cittadinanza significa assumere determinati diritti e doveri, le ultime vicende politiche ci rivelano un altro volto della cittadinanza. La scarsa presenza alle votazioni, il costante disinteresse verso le istituzioni, la trasformazione della sfera pubblica, la predominanza della sfera social sulla dimensione sociale della vita, ci mettono dinanzi ad una diversa comprensione della cittadinanza contemporanea. Infatti, parlare di cittadino come colui che gode solo di diritti e doveri, oppure di una qualche forma di reddito, ci sembra abbastanza riduttivo, soprattutto se rapportato all’origine della parola cittadinanza, ovvero città. Il cittadino è colui che gode di diritti e doveri non in maniera astratta ma all’interno di una città, sia come dimensione locale e localizzata della vita, sia come sfera politica dell’esistenza. Non esiste, insomma, un cittadino senza città e non esiste cittadinanza senza politica. Eppure, sembra assistere ad una sorta di cittadinanza ad intermittenza, dove tutti noi ci ricordiamo di essere cittadini e soggetti politici solo in determinati periodi dell’anno: dalle elezioni amministrative o politiche, ai referendum. Insomma, assistiamo ad una sempre maggiore confusione fra il cittadino e l’elettore, per cui il cittadino è tale solo in alcuni periodi quando, invece, abbiamo bisogno di cittadini che si assumano maggiormente la loro parte di responsabilità nelle loro città. La cittadinanza, dunque, non può essere più solo relegata ad una parte dell’anno o solo ad un periodo che va ben oltre un singolo anno. L’idea di cittadino e di cittadinanza, oggi, sembra aver più bisogno di responsabilità, ovvero di capacità di rispondere delle e nelle proprie azioni. In questo senso, allora, quella parte della società che, spesso, viene chiamata cittadinanza attiva, potrebbe essere semplicemente chiamata cittadinanza responsabile. Le città sono un organismo vivente e per la salute delle città è necessario l’impegno di tutti, corresponsabilità di tutte le componenti, di tutti e tutte i cittadini e le cittadine. Questo significa che la cittadinanza attiva non è in contrapposizione ad una cittadinanza passiva, ma è il futuro stesso dell’essere cittadino, in quanto abitante di una città in maniera responsabile. Dove la responsabilità è immersione nei fatti della vita, nelle cronache, nelle vicende locali, nelle comunità che caratterizzano i nostri vissuti. Ancor più oggi, nell’era della comunicazione rapida, in cui tutte le notizie, le statistiche e le informazioni sono a portata di mano, essere cittadini significa assumere la responsabilità etica, civile e politica della propria città. Altrimenti non saremo cittadini, ma solo residenti, clienti, elettori, sempre più deleganti e meno responsabilizzanti.
Eppure, nell’antica Roma il concetto di cittadinanza, esteso con l’editto di Caracalla, a tutti gli abitanti dell’impero non implicava l’urgenza del voto, ma l’appartenenza con diritti e doveri che all’inizio erano pensati solo per una cerchia ristretta di persone…
Mi sovviene un pensiero di Aldo Moro sull’auspicio che nasca un nuovo senso del dovere se vogliamo davvero essere cittadini che vogliono esercitare il diritto di cittadinanza per arricchire l’esperienza dello stare insieme.
In pochi sento proprio il dovere di prendersi cura della propria “cittadina”. Basterebbe il semplice essere persone consapevoli, rispettose del prossimo ed attori di piccole iniziative quotidiane per essere “bravi” cittadini. Credo che molti vedano la propria città come un perimetro ove potersi muovere indisturbati all’ombra dello sguardo lascivo delle istituzioni.