Urbicidio, sicurezza e militarizzazione
Nel corso della storia e in tutte le culture umane, la città ha avuto sempre un ruolo preponderante nella guerra. Dall’ancestrale guerra di Troia per giungere alle città devastate dell’Ucraina, passando per tutte le guerre che hanno attraversato il Medio Oriente in questi ultimi anni, le città sono sempre e comunque il campo privilegiato per gli avvenimenti bellici. Tuttavia, come sottolinea Fabio Armao in un suo ultimo articolo apparso per Urbanistica informazioni assistiamo ad una nuova forma di guerra quotidiana in termini di militarizzazione urbana. La guerra non riguarda solo le battaglie combattute dentro un arco temporale preciso, ma le varie forme di controllo del territorio da parte di fazioni opposte e contrapposte. Le battaglie sono scontri per mantenere il controllo o per far sì che l’altro non controlli un determinato territorio. In questo senso, la città contemporanea ha fatto della sicurezza una forma di controllo militarizzato del territorio. Sicurezza, insomma, non significa più prendersi cura del territorio ma controllarlo, sorvegliarlo, presidiarlo, come in guerra. Non si combatte più da una parte all’altra delle mura delle città, ma nelle strade, per il presidio e il controllo dei territori, assimilando la sicurezza con la militarizzazione. La celebre operazione “Strade sicure” è l’emblema di un coinvolgimento militarizzato nella sicurezza urbana. A questo si aggiungono ulteriori reparti sempre più specializzati nella lotta alla criminalità in termini di presidio delle strade, non solo nelle nostre città ma, in modo particolare, nelle grandi megalopoli. Ma l’assimilazione di sicurezza e militarizzazione non riguarda solo il dispiegamento delle forze armate e dell’esercito per le strade della città, ma anche la conformazione dei quartieri, come possono essere le gated communities, aree residenziali ad accesso controllato e sorvegliato. Interi quartieri in cui la sicurezza è data dal controllo degli accessi, dalle mura, dai cancelli, dalla videocamere di sorveglianza. E dall’altra parte, oltre il cancello e l’esercito, ci sono una miriade di gruppi criminali, dalle mafie alle baby gang, che cercano un controllo del territorio, la possibilità di espandere i propri affari da un quartiere all’altro e da una città all’altra, cercando altre tattiche e strategie di presidio. Una guerra, insomma, che si combatte quotidianamente non con le grandi battaglie ma con tattiche di espansione e strategie di controllo. Una reciproca militarizzazione della città, da una parte istituzionalmente dall’altra in maniera criminale, per cui la sicurezza e il bisogno di sicurezza non è più la capacità dei cittadini di prendersi cura delle propria città, ma un cavallo di battaglia partitico e fazioso, in grado di uccidere la comunità urbana per farne un grande un campo di battaglia. Uno scacchiere militare dinanzi a cui possiamo solo sopravvivere.