(H)Earth Station e parà-oikòs
Earth Station è un progetto dell’architetto Michele De Lucchi, uno dei massimi esponenti della progettazione e del designer contemporanei, architetto capace di tenere insieme le scienze umane, la tecnologica e l’ambiente naturale. Earth Station è un progetto che segue questa linea relazionale ed è stato esposto presso il Museo del Novecento a Firenze fra il 2019 e il 2020. Si tratta di un progetto che nasce da lontano e che riflette la concezione di De Lucchi sia dell’architettura sia della costruzione degli edifici stessi. Infatti, si tratta di un progetto in cui gli edifici non offrano solo spazi di servizi e funzioni, ma aiutino la relazionalità e favoriscano le interazioni fra le persone. Si tratta di un modo di progettare che metta al centro non solo i materiali e le forme, ma la primaria funzione di un edificio ovvero la socializzazione. Earth Station, letteralmente Stazione Terra, dunque, è un modo di costruire capace di tenere insieme sia la funzionalità dell’edificio sia la sua rappresentatività per tutta la comunità. Un luogo, insomma, in cui le persone possano incontrarsi e riconoscersi come comunità. Un luogo in cui le persone possano lavorare e collaborare, al tempo stesso, rimanendo all’interno della comunità stessa, all’interno della propria città, se non proprio all’interno del proprio quartiere, in quanto sanno che c’è un edificio che può accogliere le loro esigenze e in cui poter trovare sempre e comunque qualcuno disponibile alla collaborazione e al confronto. Luoghi simbolo che rispecchiano il nome stesso del progetto: Earth Station, luoghi di terra, luoghi terrestri in cui riconoscersi tutti un po’ meno alieni e un po’ meno alienati nelle semplici funzioni da eseguire o dai lavori meccanici da affrontare. Uno spazio che funziona in quanto crea comunità, in quanto favorisce la comunità, in cui la comunità stessa si riconosce e in cui tutte le persone del territorio si riconoscono in quanto partecipi della comunità. Potremmo addirittura giocare con il fattore h dell’inglese, cambiando Earth Station in Heart Station, un luogo terrestre che diviene un luogo del cuore (heart), dove entrano in gioco non solo le prestazioni umane ma anche e soprattutto l’affezione nei confronti della comunità urbana. De Lucchi ha già iniziato una declinazione delle Earth Station, progettando edifici non solo abitati ma anche abitabili. Il primo progetto di Earth Station sono state le Originals, luoghi dove poter entrare in contatto con la natura, poi è stata la volta delle Many Hands edifici monumentali la cui costruzione è data dall’utilizzo delle differenti abilità e delle “molte mani”, appunto, infine le Education Station, dove l’apprendimento fra docenti e discenti è vissuto in maniera circolare. Luoghi, insomma, che non solo esprimono i bisogni primari dell’essere umano ma, addirittura, lo aiutano ad evolvere, a vivere bene, ad educarsi insieme agli altri, a diventare un po’ più umano perché vive con gli altri e si riconosce in un luogo in cui si sente a casa e che rende tutto il territorio in cui abita un po’ più casa, un po’ più abitabile. Per utilizzare un’immagine, potremmo definire le Earth Station, una sorta di casa fra le case, in cui gli spazi sono pensati secondo le funzioni di una comunità famigliare e familiare. Una casa fra le case, in greco parà oikòs, un luogo parrocchiale dove tutte le persone di una città e di un quartiere possano riconoscersi, partecipare, collaborare, scambiarsi pensieri, emozioni, desideri e progetti, fino ad evolvere se stessi, a spingersi oltre la propria singolarità, entrando in relazione fra di loro e con l’ambiente circostante. Un luogo terrestre che diviene luogo del cuore, una casa non come le altre case, ma in mezzo (fra-intra-inter), le altre case, una parà-oikòs, sfida e progetto umanizzante.
Bellissimo progetto, ritrovare quella familiarità comunitaria che oggi manca per varie motivazioni, riporterà il singolo a provare quel profumo di casa in un luogo comune e quel sapore di chiesa incontrandosi e riconoscendosi come comunità