Comunità informali per la città
Da molte parti e in molte situazioni si sente parlare di comunità. Fondamentalmente, ascoltiamo la parola comunità legata ad una dialettica di crisi e bisogno. Da una parte c’è crisi di comunità, dall’altra un bisogno di comunità. La città è lo specchio contemporaneo sia della crisi comunitaria sia della nascita di nuovi bisogni comunitari. Scegliamo due esempi, l’uno per parlare di crisi delle comunità e l’altro per parlare di un bisogno di comunità. Un esempio della crisi di comunità è la polis stessa, l’idea che in-formato l’Occidente, di una politica che fosse in grado di costruire comunità di cittadini e, al tempo stesso, fosse espressione della comunità stessa. Crisi politica è riflesso di una comunità in crisi. Il secondo esempio, di bisogno di comunità, emerge nei vari e multiformi spazi che garantiscono e sostengono l’incontro fra cittadini: dai centri anziani ai progetti di interazione fra gruppi. Insomma, la nostra contemporaneità sembra caratterizzarsi per individui che cercano di vivere insieme e sistemi istituzionali che non riescono a garantire e a rispondere in maniera adeguata all’essere comunità. Allora da dove ripartire? Potremmo partire dallo sganciare l’idea di comunità sia dalla crisi sia dal bisogno. Non esistono comunità in crisi ma la comunità stessa è crisi poiché è nella nostra stessa struttura umana la consapevolezza che ogni comunità ci spinge ad uscire da noi stessi, ad entrare in uno spazio interrelazionale e comunicativo che ci trasforma, che ci mette in crisi. Quando questo non avviene, allora la comunità non assume la forma della crisi ma dell’obbligo, delle imposizioni, dei controlli, convenienze e punizioni. Se consideriamo la comunità senza la nostra unicità, allora legheremo la comunità stessa al sistema di bisogni, di convenienze e di aggregazione. E la comunità assumerà sempre più la forma definita del controllo sociale e del biopotere. Bisogno di comunità, allora, è sopperire alla solitudine, placebo sociale a mancanze personali, senza nessuna prospettiva di cambiamento. Ma, allora, che cosa è comunità? Comunità è esperienza e, in particolare, esperienza di relazioni informali. Esperienze in cui ciascuno può mettersi in gioco per quello che è e non semplicemente a livello intrapsichico ma attraverso processi di riappropriazione degli spazi trasformati e trasformabili in luoghi. Se lo spazio pubblico rimane uno spazio strutturato, come quello privato, la dimensione comunitaria ci permette di attraversare le strutture di riappropriazione attraverso relazione de-istituzionalizzate, ovvero informali. L’informale, allora, è lo spazio del mettersi in gioco per creare esperienze comunitarie, nelle forme, nelle difficoltà e nelle conquiste quotidiane. Per generare comunità all’interno delle città.