Città creativa: il volto giovane dell’impegno urbano
La filosofia si fa domande su ciò che accade e permette, a ciò che accade, di farsi domanda. E gli accadimenti, nella nostra epoca, sono nella città, e la città stessa diviene qualcosa che, in un certo senso, ac-cade, nella nostra stessa esistenza. Tanto che, come diceva Simmel, esiste una spiritualità delle metropoli, per cui la città crea costantemente gli accadimenti dell’esistenza, nelle forme stesse dell’abitare. Allora, la città diviene il tempo fatto luogo, ovvero l’accadimento esistenziale che scegliamo di abitare. Insomma, non scegliamo noi in che città nascere, come non scegliamo neanche in quale città crescere, ma il legame con la città rimane sempre e comunque saldo nella nostra esistenza, come accadimento, come un tempo che si fa luogo e anche un luogo che diviene tempo. La riflessione di Mario de Pasquale per quanto riguarda le prospettive urbane è inserita in questo paradigma esistenziale, per cui la città è, insieme, tempo e luogo. Nella prospettiva di de Pasquale, durante i nostri incontri di fine maggio al Castello di Bisceglie, il focus è stato quello sui giovani e le giovani che abitano non solo le nostre città ma questa stessa epoca. Il fulcro della sua riflessione è stato quello sulla creatività come forma di partecipazione politica e sociale. Registriamo, dal punto di vista giovanile, una sempre maggiore disaffezione alle istituzioni e alla vita politica partitica, almeno come si intendeva nella seconda metà del secolo scorso. Tuttavia, questa disaffezione alle istituzioni non significa disaffezione all’impegno sociale e politico, il quale si riversa in una vera e propria cultura locale, in progetti di cittadinanza attiva, nelle città. Interventi di rigenerazione urbana partendo dal basso, creazione di comunità informali, street art per i vicoli dei centri come anche nelle periferie, rendono la città non solo contenitore di interessi economici ma anche laboratorio e officina di comunità locali, di persone che si incontrano e organizzano lo spazio secondo una volontà collettiva, e processi di potenziamento (empowerment) comunitario. In tutto questo si gioca la partecipazione alla vita cittadina, quasi fondando una nuova polis di democrazia diretta, in cui ciascuno è alle prese con il potenziamento nella comunità. Non si tratta, dunque, di esercitare un potere sugli altri, ma di rendersi conto di poter fare qualcosa, in questi termini è intesa la partecipazione. E di poter fare qualcosa all’interno della propria città, nelle associazioni, nella società civile, nella cittadinanza attiva. In questo senso, i giovani e le giovani creano nuove forme di partecipazione, soprattutto legate alle tematiche ambientali e alle questioni di genere e identità sessuale, partendo e ripartendo dai luoghi che frequentano, dalle loro città. Ragazzi e ragazze con banchetti per la raccolta firme, iniziative di pulizia delle spiagge, messa in rete di associazioni per creazione di iniziative, riutilizzo di strutture ed edifici abbandonati, tutto fondato sulla creatività, anche informale, capace di sfuggire anche alle regole istituzionali e trasformandosi, molto spesso, in attività anche ai limiti del lecito. Ecco perché ci occorre ritornare ad una progettualità locale, in grado di far dialogare le istituzioni presenti sul territorio con le associazioni e i movimenti, ripartendo più che dal già condensato, dalla creatività. Creare empowerment, condivisione di potenze creative, attraverso la creatività, generando e rigenerando continuamente i territori in senso di comunità. Common ground, un terreno comune: questa è città.