CIM (City information modeling)
Negli Atti della XXIII Conferenza Nazionale della Società Italiana degli Urbanisti, Federica Montalto e Giuseppe D’Agostino espongono un nuovo modello di relazione fra tecnologia e città. Nell’ambito dell’Innovazione tecnologica per la riorganizzazione spaziale, i due autori analizzano due modelli di analisi della città, fondendoli in un nuovo modello, riflesso di un paradigma nuovo. I primi due modelli considerati sono il BIM (Build Information Modeling) e il GIS (Geographical Information System). Il BIM è un sistema di analisi che prende in considerazione i vari strati e materiali di cui sono composti gli edifici, mentre il GIS consente di analizzare le varie aree urbane individuandone rischi e possibilità. Questi due modelli, come dimostra la ricerca di Montalto e d’Agostino riescono già a lavorare insieme, fornendo immagini di città e di strutture urbane come edifici e strade, riflesso di un determinato paradigma filosofico. Infatti, dietro ogni sistema digitale c’è una precisa forma mentis, un preciso modo di vedere le cose e uno specifico obiettivo di analisi. Dunque, se lavoriamo con un sistema BIM cerchiamo di comprendere la struttura di un edificio, che possa essere un palazzo o un viadotto o un ponte o altro. Mentre se lavoriamo con il sistema GIS cerchiamo le differenze e le connessioni fra le varie zone urbane, potendo lavorare sul come le varie zone lavorino fra di loro e cosa si potrebbe costruire in una zona piuttosto che in un’altra. Ma questi due sistemi, accomunati da una filosofia dello strato, da una stratigrafia che racconta il come dei territori e delle strutture, non basta per descrivere e analizzare i cambiamenti di una città, e soprattutto dove la città stia andando. Si tratta, infatti, di sistemi descrittivi, in grado di raccontare cosa è stato il territorio, ciò che già c’è. Una descrizione che può aprire a possibili interpretazioni del presente e ad ipotetici futuri, i quali rimangono sempre e comunque in compagnia di un forse. Il modello del CIM (City Information Modeling), invece, funziona integrando la stratigrafia degli edifici e la suddivisione delle aree, aggiungendo tutti quei dati che gli abitanti delle città mettono a disposizione. Si tratta, in altri termini, di ricordarci che la città non è solo fatta di strati e di strutture, ma di connessioni e di interconnessioni. Questo rende la città da una parte più imprevedibile e dall’altra più dinamica, come anche i sistemi di informazione che ne derivano. Si tratta, dunque, della creazione di un gemello digitale delle nostre città, in cui la utopia o distopia del controllo totale si nasconde sempre dietro l’angolo, ma che rende le città anche più vivibili, considerando anche le esigenze di tutti gli abitanti. Si tratta, insomma, di costruire un modello digitale in cui le informazioni non siano date solo dagli edifici o dalla suddivisione delle zone, ma dagli abitanti stessi. Una città fatta di persone più che di cemento, con un gemello digitale dal volto, leggermente, più umano.