Catcalling come dominio emergenziale
Uno dei fenomeni emergenti in città e, in particolare, nello spazio pubblico è il catcalling. Etimologicamente significherebbe chiamare il gatto e si riferisce a tutti quegli insulti, richiami, minacce fisiche o verbali, manifeste o solo accennate che subiscono le donne per strada. Fenomeno che si può benissimo espandere e rivolgere a persone di orientamento omosessuale o transgender che vengono insultate o “guardate male” nello spazio pubblico. Ciò che interessa, tuttavia, la nostra riflessione è l’intreccio fra l’insulto e lo spazio pubblico. In verità, lo spazio pubblico è tale nella misura in cui diviene spazio di condivisione, spazio in cui ciascuno manifesta all’altra chi è, le proprie opinioni, i propri pensieri. A livello simbolico, dunque, lo spazio pubblico è lo spazio del dialogo, del confronto, dell’apertura verso quel mondo cittadino in cui ciascuno si sente uguale e pari all’altro, nei diritti e nei doveri, come anche nella dignità. Spazio pubblico che viene, dunque, tutelato dalle istituzioni presenti sul territorio, le quali garantiscono che lo spazio pubblico rimanga tale, nel suo linguaggio simbolico. Ma se questa è l’idea dello spazio pubblico, il suo linguaggio simbolico, e il compito delle istituzioni e della politica di tutela dello spazio pubblico, il fenomeno del catcalling ci mostra tutto il contrario. Ci mostra, infatti, come lo spazio pubblico non sia né uno spazio garantito, né uno spazio dove tutti hanno uguali diritti e doveri, ma come la dimensione privata entri ancora con prepotenza nel pubblico. Dove per dimensione privata intendiamo non la mia idea e la mia opinione condivisa con gli altri, ma meccanismi di normalità e anormalità, meccanismi di dominio emergenziale. Intendiamo con questo termine una ostentazione di una singola prospettiva all’interno dello spazio pubblico, fatta passare per sola prospettiva valida, in grado di dominare su tutte le altre. In questo modo, lo spazio pubblico diviene il prolungamento di uno spazio privato in cui il dominio di una prospettiva si gioca nella normalità. Per questo, l’uomo diviene dominatore sul corpo della donna, l’eterosessuale dominatore sull’omosessuale e così via. Domini che normalizzano lo spazio pubblico, facendolo diventare, direbbe Foucault, eterotopia, ovvero spazio che si identifica attraverso altri spazi. In altre parole, lo spazio pubblico si identifica attraverso lo spazio privato, per cui penso di poter avere dominio sugli altri, potere su chi è diverso da me e, per questo, ritenuto inferiore. Ma questo, paradossalmente, è possibile nella misura in cui la società stessa va sempre più verso una normalizzazione dell’ostentazione del corpo, pubblicizzando quasi il corpo nelle sue funzioni sessuali. Un fisico, dunque, continuamente esibito e ostentato ma, al tempo stesso, appianato sulle logiche del consumo. Un corpo pubblicizzato, che più che portarci verso la liberazione, ci schiaccia in una normalità dominante, dentro il paradigma emergente.