La città onirica
Qualche giorno fa, in una discussione con un amico, mi raccontava di come in un suo sogno stesse guardando la sua città di origine, ma con delle modifiche. Al posto di alcuni luoghi che lui riconosceva benissimo e sapeva situare anche all’interno della città, ci fossero altri elementi e altri spazi che non coincidevano con la realtà. Una strana questione, dunque, quella di sognare una città reale ma che, al tempo stesso, ha subìto delle modifiche nel sogno stesso. Ora, io non sono un esperto di sogni, come non sono neanche un esperto di città, ma coniugare sogni e città ci permette di aprire riflessioni inedite sullo spazio urbano. Infatti, la prima prospettiva che mi viene in mente è come la città non coincide mai con la nostra percezione di essa. La città è sempre un oggetto misterioso, a tratti anche un soggetto che sembra in grado di scegliere autonomamente. Non coincide mai con le nostre scelte, né tantomeno con i nostri indirizzi e le nostre coordinate. Ma la città rimanda sempre ad altro, rimanda sempre ad una scelta che è altra da noi e che scegliamo se subire o gestire, questa è la sola scelte all’interno della città. Ma che significa subire la scelta della città o gestirla? Significa da una parte arrendersi alla città stessa, riconoscendo che non ne siamo i padroni, come anche che non parte da noi o con noi. Significa riconoscere alla città una sua storia, scelte di altri in cui ci troviamo, giuste o sbagliate che siano. Resa che rischia sempre di diventare rassegnazione, la quale è la morte della città stessa. Una città in cui i cittadini non sognano più la città stessa, è una città che muore, una città che non rientra nel tessuto esistenziale degli abitanti. Dall’altra parte, poi, gestire una città non significa fare della città il proprio campo di battaglia, la propria prospettiva. Anzi, significa scegliere nelle scelte degli altri e, al tempo stesso, scegliere con le scelte degli altri. Gestire una città significa entrare in situazione, vivere il contesto, sviluppare il presente, accogliere il passato e pro-gettarsi verso il futuro. Qui il sogno diviene utopia, il non ancora luogo, realizzazione presente di comuni visioni. Allora, coniugare sogno e città ci pone dinanzi due elementi: la stratificazione dell’inconscio e il desiderio di e dell’altro. Percorsi che diventano sempre più complessi nella misura in cui i sogni non rispecchiano mai la realtà presente della città, ma la realizzano. In altre parole, esiste una città reale, complessa, funzionale, a tratti caotica. E poi esiste una città nei sogni che non coincide con la realtà. Una città onirica, simbolica ma non per questo meno reale della realtà.