Cocoon house, come abitiamo lo spazio
L’architetto Nina Edwards Anker ha realizzato a Long Island una Cocoon house, ovvero una Casa avvolgente. La particolarità di questa abitazione è quella di essere per metà rivestita con assi di cedro e per metà completamente a vetrate apribili. Si tratta di un’abitazione che gira per metà attorno ad un giardino e che mantiene le assi di cedro all’esterno, nella facciata dell’abitazione, mentre nella zona interna le vetrate. Una casa, dunque, che rivela un doppio volto. Da una parte, quella in cedro, quasi una fortezza che chiude e ripara, mentre dalla parte delle vetrate troviamo un lungo corridoio che rende visibile ogni stanza dall’esterno. A prima vista, infatti, la casa non sembrerebbe neanche abitabile per motivi di sicurezza o per l’eccessiva visibilità esterna degli ambienti. Tuttavia è una casa che ci fa pensare, una casa che visibilizza, sostanzialmente, il nostro modo di abitare. Da una parte, infatti, troviamo una competa chiusura verso l’esterno, mentre dall’altra un’apertura quasi esagerata. E l’abitazione che si snoda qui, in bilico fra il visibile e il non visibile. Ed è proprio questa la nostra relazione con l’abitare, fra una visibilità e una non visibilità, fra ciò che può essere visto e ciò che rimane in ombra. Elementi che diventano, poi, le due dimensioni sociali che viviamo nella quotidianità: la dimensione pubblica e la dimensione privata. Ma questa soglia fra il visibile e il non visibile non riguarda solo la dimensione sociale, ma tutta la nostra esistenza. Ci sono parti di noi che facciamo vedere e parti che non facciamo vedere. Senza giudicare tutto questo ma, anzi, ponendolo come base del nostro stesso modo di abitare noi stessi. La particolarità della Cocoon house, dunque, è proprio nella percezione degli ambienti come riflessione sulla nostra stessa abitabilità. Infatti, pensare che ci possano essere ambienti così intimi, come la camera da letto completamente a vista e separata solo da una tenda, non ci farebbe dormire tranquilli la notte. Mentre se dall’altra parte, abbiamo un intero salotto a vista, non ci troviamo nessun problema. Allora la riflessione sull’abitabilità, diviene riflessione su come siamo noi, su come ci abitiamo. Anzi, una ulteriore provocazione potrebbe essere: sulla soglia fra il visibile e il non visibile, che spazio lasciamo all’invisibile. Invisibile che non è ciò che non vogliamo che sia visibile, ma ciò che non riusciamo a vedere e che, tuttavia, c’è. Un’immagine dell’invisibile, nella Cocoon house, è stata data proprio dai colori utilizzati per le stanze. Infatti, ogni colore viene utilizzato attraverso le teorie di Goethe e dell’utilizzo di Turner. Sono colori che danno una sfumatura particolare all’ambiente, che non dipendono solo dal vetro colorato, ma dalla nostra stessa percezione nello spazio, in quella stanza, in quell’ambiente. Un’abitazione interessante ma che, a ben guardare, ci lascia ancora con un gusto insoddisfatto. Forse perché è metà casa, in attesa di una relazione che la completi. Un po’ come il nostro modo di abitare.
Bella “riflessione sull’abitabilità, (ke) diviene riflessione su come siamo noi, su come ci abitiamo. Anzi, una ulteriore provocazione (…)”….
Grazie 🙏