Perché leggere

Perché leggere

25 Gennaio 2025 0 di Makovec

Ne 8,2-4a.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4;4,14-21

Umberto Eco disse: Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro. Come sappiamo, Umberto Eco non era un credente, tuttavia ci racconta della lettura come di una forma di immortalità all’indietro. Una immortalità che da una parte ci fa gustare ciò che del passato non è morto e continua a vivere, mentre dall’altra parte ci riconnette con un passato, con delle persone, con le vite di chi ci ha preceduto. Ecco, allora, un primo motivo per cui leggere e, per noi che siamo cristiani, l’immortalità non è solo un qualcosa all’indietro ma è anche il nostro futuro, la vita che ci attende. Ecco, allora, perché per noi leggere ha un significato ancora maggiore, ha un senso ancora più profondo, perché significa rintracciare nelle parole, la Parola, quella Parola che si è fatta carne in Cristo Gesù. Leggere, allora, è estremamente importante non per accumulare nozioni, ma per vivere la multiformità delle storie, mentre chi non legge, come ci ricorda Eco, vivrà solo e soltanto la propria vita. Leggere significa dare spessore alla vita attraverso le storie delle altre persone, significa riconoscere e riconnettere le comunità. Leggendo, come ci ricorda il libro di Neemia, noi diventiamo una comunità, ci parliamo, di ritroviamo in delle sensazioni, in delle emozioni, in un pensiero. Parlare, pensare, studiare, leggere è la sola cosa che ci permette di essere una comunità. Sia nell’antichità, quando il popolo di Israele torna dall’esilio e la prima cosa che fa è ascoltare la Parola di Dio, per riconoscersi una comunità. Ma anche tutti i ragazzi e le ragazze che vivono guerre civili, oppressioni, stermini in ogni parte del mondo, ciò che desiderano è andare a scuola, mentre il primo diritto che viene demolito nelle dittature è esattamente quello di leggere. Perché leggendo noi impariamo a pensare, impariamo ad essere differenti e a riconoscerci, nella differenza, un unico corpo. Se le varie dittature, nel corso dei secoli, hanno preferito una omologazione schiacciante e appiattente eliminando proprio la lettura e, soprattutto, la lettura di alcuni libri. Perché non leggere significa omologarsi alle altre persone, vivere imitando altri che riconosciamo più famosi, migliori di noi, più popolari o con più potere. Leggere spinge ad imitare le altre persone, a vivere secondo quello che ci chiedono gli altri e ad ubbidire ciecamente a ciò che viene detto dalle altre persone. Così, nell’omologazione del pensiero, come ci ricorda Paolo, il corpo non esiste più, perché il corpo è differenza, singolare plurale, unico e comunitario. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ed è da questa relazione fra lettura e comunità, fra parole e Parola, che ritroviamo il compimento della Scrittura in Gesù che è Parola. L’intenzione dell’evangelista Luca è quella di offrire un racconto ordinato, affinché nell’ascolto e nella lettura, diventassimo Teofili, amici di Dio. e il racconto di Luca ci porta in Galilea, a Nazaret, dove Gesù entra nella sinagoga e legge. Appena finisce di leggere un passo che egli stesso trova e che legge intenzionalmente, afferma che si è compiuta la Scrittura che voi avete ascoltato. Anche Gesù non dice solo qualcosa di sé, ma nella lettura ci aiuta a rileggere la sua esistenza come compimento. Un compimento che non significa chiusura o conclusione, ma unione fra Parola e Vita di Gesù, dove nella vita di Gesù possiamo ritrovare quei precetti del Signore che fanno gioire il cuore; quelle parole limpide del Signore che illuminano gli occhi.