Fuochi d’artificio e morsmordre

Fuochi d’artificio e morsmordre

19 Gennaio 2025 0 di Makovec

Il terzo passaggio che desideriamo porre nella nostra riflessione sui fuochi d’artificio sembra riguardare, in realtà, l’esatto opposto di ciò che abbiamo fin d’ora considerato. Abbiamo affermato che i fuochi d’artificio sono manifestazione di una perdita della ritualità collettiva, di come segnino profondamente l’ecosistema e i territori in cui viviamo in termini di inquinamento, ma anche come ogni anno ci facciano registrare numeri da guerra in termini di feriti, amputati o morti, per non parlare dei rifiuti che producono, della distruzione degli oggetti pubblici come i cassonetti per i rifiuti e via discorrendo. Abbiamo affermato che i fuochi d’artificio siano la visibilizzazione del nulla che ci attraversa, la manifestazione del vuoto che, nel corso dei giorni ci portiamo dentro e che, per una volta, possiamo far esplodere da dentro di noi. Eppure oggi vogliamo provare a riflettere noi sui fuochi di fine anno, ma sui fuochi d’artificio che, durante il corso dell’anno, ascoltiamo improvvisamente nelle nostre città. Non si tratta dei fuochi delle feste che costituiscono ancora un appuntamento rituale e collettivo, ma dei fuochi che vengono fatti esplodere in maniera spontanea in alcune zone della città. Sono fuochi che, secondo alcuni, servono per festeggiare feste, compleanni, comunioni, cresime, occorrenze varie, ma anche la scarcerazione di qualche detenuto famoso nel quartiere oppure l’arrivo dei carichi di droga in città. Soprattutto questa usanza ripresa dalla serie tv Gomorra, sembra spopolare nei racconti popolari e negli immaginari urbani. Tuttavia, l’elemento che maggiormente ci interessa è come i fuochi d’artificio diventino un segnale per una qualsiasi forma di ricorrenza e, in modo particolare nel mondo criminale, di controllo del territorio alimentato dall’impunità. Sparare fuochi d’artificio non come rito che coinvolge una comunità ma come segnale di controllo del territorio, di gestione del territorio a seconda delle proprie usanze o cerimonie. Eppure, se questo elemento può sembrare in contrapposizione alle tesi avanzate in precedenza sulla perdita dei riti, in realtà ci troviamo ancora in piena consonanza, per cui ciò che conta nel nulla in cui siamo e nell’assenza dei legami comunitari, è il potere, il controllo, l’ostentazione delle proprie cerimonie e del prestigio che un capo ha all’interno della piccola fetta di territorio che si è conquistato con la forza. Se volessimo utilizzare un’immagine per descrivere questo potere nullificante che alberga nell’esplosione dei fuochi d’artificio, potremmo utilizzare il morsmordre della saga di Harry Potter. L’incantesimo del morsmodre, detto anche Marchi Nero, è il segnale che Voldemort fa comparire nel cielo ogni volta che uccide una persona, per indicare la sua presenza all’interno di quella zona, per incutere timore profondo e far comprendere chi comanda. E morsmordre significa morte che morde, un teschio da cui fuoriesce un serpente avvolti in una foschia verdastra. Perché quando non c’è comunità, quando la città perde la sua vocazione politica e aggregativa, ciò che rimane è morsmordre, una morte che morde nell’ostentazione di dominio, che passa anche attraverso dei fuochi d’artificio.