Transizione, conflitto e violenza: il paradigma Batman/Joker
Per ritornare al concetto di una urbanistica in transizione, riprendendo anche l’idea dell’Altro in Michel de Certeau, vogliamo riprendere e ripartire da una delle scene più affascinanti del cinema contemporaneo. Ci riferiamo al dialogo fra Batman e Joker nella sala degli interrogatori della polizia di Gotham city ne Batman: il cavaliere oscuro (https://www.youtube.com/watch?v=LkaUnp5KXX4&t=27s). Vogliamo riprendere questa scena anche per ripartire, nei prossimi articoli, proprio dalla figura di Joker e dai nostri studi su Gotham. Joker viene arrestato e condotto dalla polizia nella sala degli interrogatori, il procuratore Dent e la sua fidanzata Rachel Daves sono stati rapiti e la polizia sospetta che sia stato proprio il Joker. Dopo che Jim Gordon prova ad interrogare il Clown, esce dalla stanza e dietro il detenuto compare la figura di Batman che prende la testa del Joker e la scaraventa sul tavolo. i primi gesti di Batman lasciano intraveder già una violenza che Gordon, in quanto commissario di polizia e uomo delle istituzioni, non avrebbe mai potuto applicare. Batman, in quanto eroe sopra le regole, invece, può immediatamente iniziare dalla violenza, arrogando a sé il diritto della violenza per ragion di Stato o di ordine superiore. L’eroe di Gotham, come spesso abbiamo sostenuto, è un violento, costretto e giustificato nella sua violenza da una narrazione di città in cui Joker rientra perfettamente. È Joker, infatti, che giustifica la violenza di Batman e la sua violenza può eccedere quella di Joker che continua a parlare e non commette nessun eccesso violento, anche quando Batman sembra perdere il controllo. È il momento culminante in cui Joker mette in ombra Batman, in cui il controllo del criminale eccede quello della sicurezza. In altri termini, è Joker ad essere il vero e indiscusso protagonista della scena ponendosi come alter-ego, ma ancor di più come Altro, rispetto a Batman. La genialità di Nolan è stata proprio quella di contrapporre il Cavaliere Oscuro al Joker innanzitutto dal punto di vista estetico, poi mostrandoci il parallelismo mostruoso fra i due. Joker, infatti, non è altro che l’alterità di Batman, una alterità che Batman non riesce a comprendere e che non gli permette di compiere quella transizione verso il Joker. Una transizione che sarebbe stata sicuramente conflittuale, ma non violenta. Batman non riesce a giungere a questa considerazione di se stesso, a riconoscere ciò che Joker sa benissimo ovvero che loro sono complementari. Sarà Joker ad affermare: “Tu completi me!”. Lì dove Batman non riuscirà mai a comprendere questo come non riuscirà a comprendere neanche il senso più profondo dell’affermazione del Joker, ovvero che l’esistenza di Batman è determinata dall’alterità del Joker. Non c’è nessun Batman senza Joker, come non c’è nessuna città senza una alterità con cui fare i conti. E la mostruosità dell’alterità nella città è frutto di una mostruosità già insita nelle città, di una mostruosità che assume i contorni di una strutturazione della città. Dove per strutturazione intendiamo non una metafisica della città, ma il processo che ha posto in essere quella determinata città e che l’ha bloccata rispetto ad una possibile transizione, seppur conflittuale, verso l’altro. Come Batman e Joker ci dimostrano, la violenza nella città emerge nel momento in cui si blocca una transizione della città verso l’Altro, verso ciò che la città ancora non è. Qui la violenza che afferma se stessa, senza una transizione verso l’alterità, una transizione che ha bisogno di conflitti ma non di violenza e che ci aiuta, in un modo o nell’altro, a destrutturare le città, a romperne la scorza in cui rischiano di rimanere ingabbiate, per farle crescere umanamente.