La città al contrario secondo Roberto Vannacci
L’europarlamentare e generale dell’esercito Roberto Vannacci è giunto agli onori delle cronache non certamente per le sue battaglie politiche ma per un libro edito in proprio dal titolo Il mondo al contrario. Uno dei più grandi bestseller del nostro tempo, il cui vanto è quello di non avere alle spalle né una casa editrice, né un comitato scientifico, né un autore di riferimento, né una bibliografia. D’altronde non ci aspettavamo da Vannacci delle possibili soluzioni ai problemi sociali e politici ma, come ci ha spesso manifestato il suo autore, solo una caterva di stereotipi, qualche citazione presa non si sa da dove, tipo quella di Christian proprietario di un appartamento a Parigi, che serve per analizzare la situazione urbana di Parigi sotto l’amministrazione di Anne Hidalgo. Tuttavia, date le piccole estensioni di queste riflessioni, non abbiamo tempo per smantellare ad una ad una le riflessioni del generale (e crediamo che neanche possa servire a convincerlo), ma è interessante segnalare due elementi riguardanti il nostro ambito di riflessione sul tema della città. infatti, uno dei capitoli de Il mondo al contrario è dedicato proprio al tema della città. il primo elemento che ci interessa segnalare sui capitoli riguardanti la città è il modo di procedere. Pezzo dopo pezzo, i problemi della città vengono visti in maniera critica e autonoma, senza una connessione, senza un grado di complessità, senza la consapevolezza che una proposta, come ogni proposta, implica dei se, dei ma, dei però, come ogni problema reale e concreto che ci poniamo dinanzi. Il metodo con cui procede Vannacci, dunque, è quello di analizzare i vari problemi della città presi in maniera singolare, senza connessioni l’uno con l’altro, senza una visione della città come bene comune e come dimensione pubblica, ma solo attraverso il monocolo della propria posizione presunta la migliore e la più ragionevole. La presunzione metodologica della visione sulla città di Vannacci consiste esattamente in questa certezza che non problematizza la città ma è disposto a dare risposte che non risolvono le questioni. Esempio di questo è la soluzione che offre alla fine del capitolo di demolire gli edifici vecchi e costruirne di nuovi, ragionevole come proposta ma che non riesce a tener in conto la problematica economica, l’edilizia italiana degli ultimi ottant’anni, lo smaltimento degli inerti e così via. Il secondo elemento che ci interessa prendere in considerazione riguarda il potenziale lettore a cui si rivolge il libro: l’uomo medio. E intendiamo per uomo esattamente il maschio con accenti proletari e operai che rimandano all’urbanizzazione industriale di metà Ottocento e del boom economico italiano del Novecento. Il lettore, insomma, è un operaio, un artigiano, un piccolo imprenditore costretto a vivere in ambienti fatiscenti mentre lo Stato impone soluzioni ecologiche che incrementano i costi e i prelievi dai portafogli dei proletari. A tratti sembra di leggere La questione delle abitazioni di Engels del 1872 o la Lettera ai giovani di Kropotkin, ovvero di persone che hanno fatto la storia del pensiero comunista e anarchico. Ed è curiosa come questione dal momento che Vannacci, seppur si sia dichiarato indipendente dal partito con cui è stato eletto, apparterebbe ad una cultura di Destra che favorisce la proprietà privata, il libero mercato, l’imprenditoria individuale. Invece, ad essere attaccato nel libro è proprio la figura del manager single che scarica sulla propria azienda le tasse e i costi della transizione ecologica, mentre le famiglie proletarie sono vessate e sfruttate dai padroni e dallo Stato. In questo, diamo ragione a Vannacci, Il mondo è al contrario. Tuttavia, non ci stupiamo del successo del libro, delle copie vendute o del clamore che ha suscitato. Anzi, sarebbe interessante studiare come nel corso della storia alcuni libri contenenti falsità, stereotipi, mediocrità abbiano poi influenzato il corso della politica e della gestione del potere. Il mondo al contrario sembra entrare a far parte di questa storia editoriale che contempla da I protocolli dei Savi di Sion a L’onanismo, ovvero dissertazione sopra le malattie cagionate dalle polluzioni volontarie di Tissot.