Da filosofi
Sap 6,12-16; Sal 62; 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13
Nell’opera I filosofi di Michail Nesterov ritroviamo due uomini che camminano. Il primo, vestito di bianco, è Pavel Florenskij, mentre il secondo, in nero, è Sergej Bulgakov. Perché ci interessa quest’opera? Perché, oggi, ci interessiamo dei filosofi? Perché molto è stato detto, molto è stereotipato a proposito della filosofia, eppure oggi la Parola di Dio ci invita ad essere, letteralmente, filosofi, amanti della Sapienza. Spesso confondiamo la filosofia, la ricerca della sapienza, con il conoscere molte cose, con qualcosa di astratto, qualcosa che non ha a che vedere con la vita reale. Altre volte, invece, deleghiamo la filosofia ad una sfera adolescenziale, quando ci facciamo domande, quelle domande su chi siamo e chi vorremmo essere nella vita. Poi, verso i trent’anni, smettiamo di farci domande e accettiamo la vita come è, senza più desideri o ricerca del sapere. La filosofia sembra essere qualcosa di adolescenziale, dunque, qualcosa che riguarda la giovinezza, un fremito da salotto buono. Invece, i due uomini ritratti da Nesterov, Florenskij e Bulgakov, hanno una cosa in comune, il fatto che la filosofia ha cambiato la loro vita. L’amore per la sapienza, la ricerca della sapienza, li ha spinti a trasformare se stessi, fino alla conversione. Sia Florenskij che Bulgakov sono due uomini che, quando hanno incontrato la sapienza, si sono convertiti. Una sapienza che non riguarda solo alcuni, che non riguarda solo le èlite ma si tratta di un saper essere nel mondo, un sapere che ci rende più umani. Lo splendore della sapienza, di cui ci parla l’autore della prima lettura, non significa conoscere tante cose, quello è solo un residuo della sapienza, ma un diventare sempre più umani. La sapienza è ricercare Dio, è spingersi verso la ricerca di Dio, perché la sapienza è lo splendore di Dio. Così, tutte quelle persone che cercano la sapienza, tutte quelle persone che si pongono delle domande, tutte quelle persone che vogliono il bene per sé e per gli altri, tutte quelle persone belle che operano per gli altri e si mettono in cammino con gli altri, sono i cercatori della sapienza, i cercatori di Dio. Nell’opera di Nesterov, infatti, i due filosofi non sono seduti a tavolino, ma camminano e camminano insieme. La sapienza è mettersi in cammino, dialogare, costruire e coltivare amicizia. Ecco perché la sapienza è fatta di desiderio e attesa, di una mancanza che ci smuove e ci mette in ricerca. E la pratica della sapienza è come le nostre nonne che si trovano agli usci delle porte e che, nel nostro cammino, incontriamo. Così è la sapienza, una donna che attende alla porta, che attende noi e che ci viene incontro per le strade della città. Per questo, se la sapienza assomiglia a quelle donne sagge che prendono l’olio per attendere il Signore che viene. La sapienza, ciò che ci rende umani, è porsi la domanda: che cosa alimenta la lampada della nostra vita? Questa è la domanda che ci spinge a cercare la sapienza. Una domanda che differenzia le vergini sagge dalle stolte, che differenzia il modo di attendere di un gruppo rispetto ad un altro. Fuori di metafora è la domanda che ci chiede del nostro desiderio: che cosa desideri, ora? Che cosa vuoi dalla vita? Che cosa cerchi? Domande che non hanno bisogno di una risposta prestampata, ma rivelano tutta la fatica del nostro essere umani. Una fatica che alimenta la nostra lampada e che ci fa gustare ancora la vita. Chi non desidera nulla dalla vita, non sta gustando la vita, e soprattutto non sta facendo esperienza della resurrezione. Di quella resurrezione dai morti di cui ci ha parlato Paolo, di quella resurrezione che riguarda tutti noi. Cercare la sapienza, gustare la vita, aver sete di Dio, desiderarlo nella carne, come ci ricorda il Salmo, significa vivere da risorti in Cristo Gesù. Perché è lui la Sapienza che si è fatta carne, che ci è venuta incontro, lo Sposo che viene a mezzanotte, Colui che attendiamo. Ecco, allora, che cercare la sapienza, innamorarsi della sapienza, essere filo-sofi, altro non significa che amare Dio, attendere lo Sposo che viene incontro, respirare una vita differente, una vita nello Spirito, camminando insieme, da filosofi.
Quando avevo 15 anni, non impegnandomi molto nello studio e costretto da mio padre, nei mesi estivi, a lavorare in campagna sotto il sole di agosto, piegato sotto i ceppi della vite piantata ad alberello, era rinfrescante quando si arrivava vicino ad un albero di ulivo e sedersi ai piedi del tronco per respirare un po’ al fresco della sua chioma. E li, messo alla prova, un bel giorno mi sono chiesto: ma perché proprio a me? Tanti miei amici vivono le vacanze scolastiche ritrovandosi e divertendosi, perché per me no? E le tante domande che mi ponevo di diverse difficoltà che si vivevano in quell’età mi spinsero a chiedermi: chi sono io? Perché proprio a me far vivere questa situazione di sofferenza? Cosa é giusto che io faccia? Qual é il mio giusto compito nella vita a 15 anni? Queste domande mi fecero capire che mi dovevo ritirare in un luogo isolato dagli echi della civiltà e riflettere sul ruolo da svolgere nella vita. Non vado oltre, ma da quel momento in poi, é cambiato radicalmente il mio atteggiamento nei confronti degli impegni di quell’età.
Un abbraccio don Matteo!