Una persona nascosta nella città

Una persona nascosta nella città

30 Marzo 2025 1 di Makovec

In questi giorni, mentre camminavo per le strade di una grande città, sono passato dalla fermata degli autobus. Un territorio urbano sempre molto affascinante in quanto consente di incontrare differenti tipologie umane, diversi modelli antropologici, se vogliamo, ma soprattutto persone. le più disparate e, dalla loro fenomenologia, dal come si presentato, sembrano quasi sempre essere persone che attraversano la città dal centro alla periferia. Persone che ritornano a casa, in una città che al mattino offre loro delle piccole possibilità per sopravvivere, mentre la sera si chiude e rispedisce tutti gli scartati all’esterno. La fermata degli autobus di linea è un hub di ritrovo di molti del materiale umano di scarto di una città, di persone che servono alla città, che attraversano la città con la loro presenza invisibile. Si potrebbe, addirittura, pensare ad una ricerca antropologica avendo come campo di indagine le piazzole di sosta degli autobus. Rintracciare storie, indugiare sugli zaini, le borse e i pacchi che tutta questa gente porta con sé e che, spesso, sono tutto quello che possiedono. Transitando per una piazzola di sosta mi è capitato di abbassare lo sguardo e vedere una coperta a terra. Sotto quella coperta, la sagoma di una persona. Non so e non saprò mai chi fosse quella persona, né se fosse maschio o femmina, se fosse bianco o nero, se fosse vivo o avesse bisogno di aiuto. Una persona totalmente avvolta in una coperta, da testa a piedi, tanto da non lasciare nessuna parte visibile di sé, tranne una forma umana. Sdraiata sull’asfalto, vicino a delle transenne, sul marciapiede. Di primo acchito la sagoma mi ha lasciato perplesso, e in realtà ho immediatamente pensato fosse un povero, un barbone. Poi, quasi immediatamente, nella mia mente ho pensato fosse un immigrato, un clandestino, un irregolare, una persona che si volesse nascondere dagli sguardi di tutti. Ma, poi, ho pensato che io quella persona non l’ho mai vista in faccia, non ho mai neanche visto la sua carnagione, se fosse uomo o donna. Ho solo visto una sagoma dietro una coperta a quadri, che si muoveva ma che non si è mai manifestata. Allora ho pensato, durante il viaggio in treno, a tutti i pregiudizi che ancora abitano il mio camminare per la città. Ma anche a come poter dare un volto a quella persona e se la città chiamerebbe ancora quella sagoma stesa per terra una persona. Abituati ad essere cittadini con ruoli, spazi, tempi definiti, il rischio è sempre quello di rendere invisibile colui che non è cittadino, colui che non emerge dallo sfondo della città, colui che è sotto la coperta a quadri. Anzi, paradossalmente, proprio quella coperta aveva destato attenzione in me poiché non potevo non vedere una persona che si stava nascondendo in quel momento. Se fosse stato senza alcuna coperta, pienamente visibile, non lo avrei visto e avrei tirato avanti per la mia strada. Ma proprio quella persona nascosta si è resa visibile ai miei occhi, al mio sguardo distratto da tante cose. E se una persona che si nasconde rende visibile gli invisibili, allora la domanda sorge ancora provocatoria: quante persone si nascondono nelle città? E, forse, sotto quel nascondimento, io stesso mi manifesto.